La Nuova Sardegna

Molestie sui traghetti

Una 25enne sulla nave Moby-Tirrenia: «Notte di terrore in cabina, lui ha bussato per oltre un’ora»

di Nadia Cossu
Una 25enne sulla nave Moby-Tirrenia: «Notte di terrore in cabina, lui ha bussato per oltre un’ora»

La denuncia di una giovane contro il personale di bordo sulla tratta Cagliari-Napoli. «Un addetto al check-in mi ha trovato sui social, poi è spuntato fuori dalla camera»

18 marzo 2024
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Sassari Un primo contatto nella chat “messenger” di Facebook, solo una sequenza di quattro numeri: 6203. Accompagnati da un punto interrogativo, quasi a voler sondare il terreno. Non numeri a caso, naturalmente, ma quelli che identificavano con precisione la cabina della nave dove una giovane studentessa sassarese avrebbe passato la notte.

«Lui sapeva dove stavo, alla cabina numero 6203. Quando ho visto quel messaggio, presa dal panico, ho subito bloccato la persona che me lo aveva inviato. Avevo appena fatto il check-in alla reception e ho capito di chi si trattava. Era un giovane che mentre sbrigava le pratiche dell’accoglienza mi aveva chiesto se potesse passare nella mia camera...».

Dopo il caso raccontato alcuni giorni fa da una studentessa di Sassari che aveva denunciato episodi di molestie subiti a bordo delle navi Moby e Tirrenia da parte del personale di bordo, alla Nuova Sardegna sono arrivate nuove segnalazioni. «È grazie a quell’articolo che ho preso coraggio – dice una 25enne, anche lei sassarese – perché non mi sono sentita sola e ho deciso di raccontare anche la mia esperienza, bruttissima».

Stavolta la tratta “incriminata” ma non è quella Porto Torres-Genova ma la Cagliari-Napoli. E anche in questo caso la ragazza viaggiava da sola per motivi di studio. «A un certo punto della notte – racconta – quando i cellulari non avevano ormai più segnale ho sentito bussare alla porta della cabina. Con insistenza. Qualcuno diceva: “Sono io, sono io, aprimi...”. Ero terrorizzata, non sapevo cosa fare e in che modo chiedere aiuto. Così, seguendo una sorta di istinto di sopravvivenza, ho finto di essere addormentata. Lui ha continuato a bussare almeno per un’ora e poi è andato via. Mi sono barricata all’interno e non ho chiuso occhio per tutta la notte. È stato orribile. Temevo potesse tornare, aprire con un passepartout».

Molestie come da copione e traversate da dimenticare. «Mi è capitato due volte di subire questo tipo di atteggiamenti e purtroppo sempre quando viaggiavo da sola. Mi sono sentita solidale con l’altra studentessa che ha raccontato la sua esperienza e come lei ho pensato che potesse utile far sapere anche cosa era successo a me. Nella speranza che le compagnie di navigazione prendano al più presto provvedimenti perché non si ripetano mai più episodi simili».

Il giorno successivo, quando sul cellulare è tornato il segnale, la 25enne ha scoperto ulteriori messaggi. Non più su Facebook, dove quel giovane era stato bloccato, ma su Instagram. “Oi cacamiii” (chiedeva considerazione) e poi ancora “Pensa, ti ho anche bussato alla porta”.

La conferma, quest’ultima, che si trattasse proprio di quella persona, ossia l’addetto alla reception. Colui che conosceva il numero della sua cabina e che le aveva fatto passare una notte da incubo. «Io non ho denunciato subito questi episodi per paura – dice oggi la giovane – ma mi rendo conto di aver sbagliato. Temevo potessero esserci ripercussioni. Ora però sono molto contenta di averlo fatto».

Qualche giorno fa, l’altra studentessa ha ricevuto, dopo una segnalazione inviata per mail alla compagnia di navigazione, le scuse della Moby-Tirrenia. «Siamo obbligate a viaggiare da sole e abbiamo il diritto di poterlo fare indisturbate – aveva scritto – Sarebbe bello camminare sul ponte della nave senza sentirsi carne da macello per l’equipaggio, non so se e quali eventuali regolamenti disciplinari sono imposti ai dipendenti, so solo che qualsiasi essi siano, non vengono rispettati». E quando la sua storia è stata poi pubblicata anche sulla pagina Facebook della Nuova sono arrivati tanti di commenti da parte di ragazze e donne che denunciavano storie di avances indesiderate a bordo dei traghetti.

«Vogliamo poter viaggiare sicure, rispettate e tutelate da chi ha il dovere di garantirci spostamenti per mare sereni. Considerato che paghiamo un biglietto e che si tratta di difendere un sacrosanto diritto».

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