La Nuova Sardegna

L'intervista

«La pioggia è un vero tesoro: accumuliamola nei palazzi»

«La pioggia è un vero tesoro: accumuliamola nei palazzi»

Parla Gianfranco Becciu, docente al Politecnico di Milano

15 aprile 2024
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Cagliari La manna ci arriva dal cielo più volte all’anno. Soltanto che ce ne infischiamo, forse perché la vediamo giungere in forma di acqua piovana, e l’acqua – almeno per ora – ci sgorga comodamente dai rubinetti di casa con un semplice movimento della mano. Così, salvo gli agricoltori direttamente toccati dalla siccità, quasi nessuno pensa che invece la pioggia è un tesoro da accumulare gelosamente nei nostri palazzi per poi usufruirne quantomeno a scopi non potabili. Per farla breve: di questo bene vitale elargitoci gratuitamente dalla natura attraverso le precipitazioni dovremmo farne incetta, un po’ come si usava un tempo e come ancora oggi si continua a fare nei Paesi in via di sviluppo (ma non solo) privi di infrastrutture. Ne è convinto Gianfranco Becciu, cagliaritano, docente di Costruzioni idrauliche al Politecnico di Milano. «Senza ovviamente pensare di sostituire l’acqua dell’acquedotto con quella raccolta quando piove – precisa – si può pensare di integrare la pioggia all’interno delle risorse idriche che utilizziamo nelle nostre città- Anche perché non sarebbe un’operazione complessa dal punto di vista tecnologico e neanche particolarmente costosa. Non è un caso che da circa vent’anni moltissime amministrazioni comunali italiane abbiano inserito il tema della raccolta e riusi della acque meteoriche nei loro regolamenti edilizi». Con l'aumento della popolazione e l’urbanizzazione in costante crescita, diventa sempre più cruciale trovare soluzioni innovative per gestire e conservare l'acqua, risorsa indispensabile per la vita sul nostro pianeta. E una pratica che sta guadagnando sempre più attenzione è proprio quella della raccolta e il riuso dell'acqua piovana negli edifici urbani.

Serbatoi nei palazzi Per chiarire in modo semplice il concetto, Becciu fa un esempio concreto pensando a un qualsiasi condominio delle nostre città. «Si potrebbero collegare i pluviali del palazzo, cioè i tubi che convogliano l’acqua dalle grondaie del tetto per scaricarla nelle fognature o in qualche cortile, e raccogliere il frutto delle precipitazioni in apposite cisterne. Poi quella stessa acqua piovana potrebbe essere utilizzata per scopi che non richiedono potabilità, come il flussaggio dei gabinetti, l’irrigazione delle aree verdi o il lavaggio di superfici esterne. Mentre nel caso di edifici pubblici, l’utilizzo si estenderebbe al lavaggio delle strade».

Risparmio totale La raccolta dell'acqua piovana, dunque, riduce la dipendenza dalle risorse idriche tradizionali che possono essere esaurite a causa dello sfruttamento eccessivo. E inoltre può tagliare i costi associati all'approvvigionamento e al trattamento dell'acqua da parte degli enti locali. E ancora, diminuendo l'uso di acqua potabile per scopi non potabili, si abbassa anche la necessità di trattare e distribuire grandi quantità del prezioso liquido risparmiando energia e riducendo le emissioni di gas serra associate a questo processo.

Seconde piogge Non tutta l’acqua piovana, però, è sfruttabile. «La cosiddetta prima pioggia – precisa Becciu – è meglio scaricarla nelle fognature, in quanto gli iniziali cinque millimetri di precipitazione servono per rimuovere gli inquinanti che si depositano sui tetti: pulviscolo atmosferico, foglie, rametti, derezioni di uccelli e così via. Vanno invece utilizzate le “seconde piogge”, e senza particolari trattamenti, purché si stia attenti a non far diventare l’acqua troppo vecchia».
 

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