Carlo Sanna "Brigante" re di Siena: «Il mio giorno da star»
Il fantino di Sindia si racconta dopo la vittoria al Palio: «Mio padre mi mise su un cavallo e non sono più sceso»
Sassari La travolgente festa dell’Onda, la gioia dei compaesani in Sardegna captata attraverso le telefonate con i genitori, la fatica ma anche il piacere di trascorrere una giornata intera “sequestrato” da un banchetto all’altro. I contradaioli faranno baldoria ancora a lungo, Brigante è già proiettato verso i prossimi obiettivi.
A 48 ore dal suo terzo trionfo al Palio di Siena, il primo nel palio di luglio, Carlo Sanna non ha ancora assorbito la fatica ma è già pronto a rimettersi a lavorare. Per il fantino di Sindia, 35 anni, quello ottenuto in sella a Tabacco è un successo che equivale a una consacrazione.
Come sono andati i festeggiamenti?
«Sicuramente molto bene per i contradaioli. Noi fantini però siamo atleti a tutti gli effetti, una volta fatto il nostro lasciamo che sia la gente a festeggiare e a divertirsi».
Neanche un brindisi?
«Sì, certo, ma senza esagerare. La cosa più bella è vedere questo rito collettivo che ripaga la gente per l’attesa».
A proposito di attesa, il Palio si è svolto con due giorni di ritardo a causa del maltempo. Come si gestisce mentalmente l’attesa della corsa?
«Non era mai successo, significa che era destino. In vista del Palio, i fantini stanno normalmente per quattro giorni in ritiro con i guardiafantini. Stavolta i quattro giorni sono diventati sei. Sono state giornate lunghe ma piacevoli, perché erano le stesse persone che erano con me già per la Carriera del 2017. L’adrenalina c’è, naturalmente, ma io mi considero uno abbastanza freddo e distaccato, ho solo cercato di mantenere alta la concentrazione».
La Carriera com’è stata?
«Ero al nono posto al canape, quando sono stato estratto ero quasi contento, perché pur non essendo in una posizione ideale, cioè ultimo e all’esterno, ero comunque distante dalle contrade rivali e avevo una visuale ottima».
Quando ha capito di poter vincere?
«Già al primo giro ho capito che avrei potuto avere buone chance. Montavo Tabacco, un cavallo esperto, mi accorgevo che sulle curve non perdeva un passo mentre altri animali meno esperti avevano un ritmo diverso. Mi capitò una cosa simile nel 2017 quando vinsi con Porto Alabe: non era considerato un “primo cavallo”, ma era esperto e questo conta molto. Tabacco stavolta non era favorito, eppure abbiamo vinto lo stesso».
Una vittoria al Palio dell’Assunta nel 2017, un’altra ad agosto dell’anno scorso, con Zio Frac, giunto però scosso al bandierino. Cosa rappresenta per lei il primo successo al Palio di luglio, dedicato alla Madonna di Provenzano?
«Una vittoria difficile e per questo bellissima. Un’altra tappa del mio percorso. Sono due palii importanti, spero che questo successo venga visto come una consacrazione».
Il Palio di Siena è la sua corsa preferita?
«Mi piace molto anche correre in pista, partecipo a molti palii e a corse negli ippodromi per tutto l’anno in tutta Italia. Ma l’atmosfera che si respira qui, in una città che vive questa passione in modo totalizzante, non si può trovare altrove».
Da dove arriva il soprannome “Brigante”?
«Me lo diedero proprio qui a Siena i contradaioli di Valdimontone prima del mio esordio. Evidentemente mi vedevano così. Ormai mi ci riconosco in pieno, lo sento mio».
Si dice che molti fantini abbiano montato a cavallo prima ancora di camminare. Anche per lei è andata così?
«Praticamente sì. Ricordo la prima cavalla che ho montato, in braccio a mio padre. Era Nataly, la nonna di Morosita Prima (due volte vincitrice del Palio di Siena, ndr). Da allora non sono più sceso».
A Sindia l’attendono per una grande festa. Lei è la persona più importante del paese.
«No, non sono il più importante: quando torno a casa sono semplicemente uno di loro, e cerco di tornarci ogni volta che posso per le feste patronali insieme alla mia famiglia. C’è un legame molto stretto con le mie origini».
Piazza del Campo si conferma terra di conquista per i cavalli e i fantini sardi. Come sono i rapporti tra voi?
«Ognuno ha la sua storia, i propri colori, il proprio carattere. Quando si sta a cavallo ognuno ha un obiettivo e non esistono amicizie. Ma una volta scesi c’è grande rispetto. E, sì, spesso tra noi parliamo in sardo».
Smaltita questa gioia, quando riprenderà ad allenarsi?
«Immediatamente, anzi già da ieri».
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