Ana Cristina uccisa dal marito nelle Marche, per anni ha vissuto a Porto Torres
Ezio Di Levrano, sposato 14 anni fa, l’ha assassinata a coltellate: avevano 3 figli
Porto Torres Lacrime per Ana Cristina e i suoi bambini. Per una tragedia annunciata e che dicono «si poteva evitare». Da Porto Torres era andata via poco meno di due anni fa, partita insieme al marito che già durante la permanenza in Sardegna, e a Porto Torres, aveva fatto scattare più volte il campanello d’allarme. E lei ne aveva parlato con le amiche più strette, con qualche collega di lavoro: diceva di non avere paura, di sapersi difendere. Ma aveva intuito il pericolo. E a chi le diceva di lasciare Ezio Di Levrano, l’autista pugliese di 54 anni, con il quale era sposata da 14 anni e che l’ha uccisa a coltellate la notte tra il 6 e il 7 settembre nelle Marche, qualche volta ha risposto che l’avrebbe fatto. Invece è lei la vittima dell’ennesimo femminicidio in Italia. E a poco è servito che fosse già stato attivato il “codice rosso”, quel sistema di protezione per le donne vittime di violenza che dovrebbe consentire di prevenire, arrivare in tempo, evitare che altre donne in pericolo vengano uccise. Anche stavolta qualcosa non ha funzionato.
Ana Cristina Duarte Correia, 38 anni, brasiliana, aveva conservato i contatti a Porto Torres anche dopo la partenza a Colli al Metauro (Pesaro), lei e i tre bambini. Le cose erano andate sempre peggio. E a Porto Torres l’hanno scoperto all’improvviso, in maniera drammatica vedendo la foto di quella bella donna sui giornali, sui siti web e ai telegiornali. L’hanno riconosciuta subito in quella che per anni era stata la sua città.
«Il primo pensiero è andato ai suoi bambini – dice don Michele Murgia, parroco di Cristo Risorto – ne ho parlato durante la messa per cominciare a pensare che cosa la nostra comunità possa fare per aiutarli. Il più piccolo l’ho battezzato io qui nel 2018, la bambina di 12 anni da noi ha fatto la prima comunione nel 2022. Le catechiste, i compagni e le compagne di scuola, tutti increduli e colpiti duramente. Un grande dolore». Il sacerdote, sempre molto attivo per testimoniare solidarietà concreta, ha chiamato il sindaco di Porto Torres Massimo Mulas per avviare un canale istituzionale e ha cercato il contatto anche con il parroco di Colli al Metauro per provare a realizzare una azione comune di sostegno ai bambini.
«Lo abbiamo già fatto altre volte in presenza di tragedie altrettanto gravi – ha detto ancora Don Michele – e siamo pronti a intervenire anche stavolta. Se c’è da andare lì non ci sono problemi a muoverci». La lontananza e la solitudine, una vita da ricominciare in un’altra realtà con le conoscenze e le amicizie da ricreare, i figli di Ana Cristina Duarte Correia sono stati affidati prima ai nonni paterni e poi a una comunità per minori. Il più grande ha 14 anni, la seconda 12 e il terzo appena 6. A Porto Torres se li ricordano bene: «Erano tutto per la sua mamma, cercava di non fare mancare niente. Lavorava nel settore delle pulizie, specie d’estate nei villaggi e i centri vacanza».
Non si è mai risparmiata e il primogenito 14enne ha cercato di difenderla fino all’ultimo istante, ha tutelato la sorella di 12 e il fratellino di 6 mandandoli dai vicini, quelli che poi hanno fatto scattare l’allarme. La ragazzina poco prima aveva cercato di tamponare le ferite della mamma, che era ancora viva quando sono arrivati i soccorsi. Lei, Ana Cristina Duarte Correia era tornata a casa per amore dei bambini, il marito l’aveva denunciata per abbandono del tetto coniugale, ma la donna ai militari aveva raccontato delle violenze e di quello che aveva dovuto subire, della fuga da casa. Niente querela ma quel fiume di parole era stato sufficiente per il “codice rosso”. Non per salvarle la vita. «Ora bisogna pensare ai bambini, hanno bisogno di tutto. Sono rimasti soli», ha detto don Michele Murgia. Ieri Ezio Di Levrano, accusato di omicidio volontario, ha fatto scena muta davanti al gip. Il suo avvocato ha detto che è molto provato: «La principale preoccupazione sono i figli».