Malaria, parla l’infettivologo: «Diventa letale solo se trascurata a lungo»
Dopo la morte dell’imprenditore olbiese Carlo Iervolino, Sergio Babudieri (Aou Sassari): «Non si può arrivare in ospedale con un quadro clinico così»
Sassari In primo luogo la profilassi, e poi la diagnosi precoce. Questi sono i sistemi per arginare il pericolo malaria. E poi informarsi bene e prendere tutte le precauzioni, senza sottovalutare una malattia che se trascurata, può rivelarsi letale. «Non si può arrivare in ospedale con una condizione già compromessa e con una insufficienza multi-organo. Significa che per dieci giorni hai fatto correre la malattia, non ti sei preoccupato della febbre, dei brividi, del progressivo malessere, e non hai tenuto in debita considerazione il fatto di essere rientrato da un viaggio in Africa, in un paese dove la malaria è ancora endemica».
Sergio Babudieri è responsabile dell’Unità complessa di Malattie infettive dell’Aou di Sassari. Spiega: «Quando il paziente è arrivato al pronto soccorso di Olbia, la diagnosi è stata fatta dopo appena un’ora. Non avevano a disposizione i farmaci specifici per la cura, così hanno chiamato il nostro reparto ed eravamo già pronti a consegnare i medicinali. Ma il quadro era talmente critico che quel giovane è entrato velocemente in coma, e a quel punto diventa davvero difficile. Perché, semplificando molto le cose, si formano una serie di aggregati che mandano il tilt il sistema micro circolatorio, ed è come se in tutti gli organi si susseguissero dei micro infarti. Una sorta di cortocircuito generale».
Ma perché la situazione degeneri in questo modo, devono passare molti giorni dai primi sintomi. «Purtroppo si tende a curarsi col fai da te. Ho la febbre? Non sarà niente di grave, mi prendo una tachipirina. Non passa? Assumo un antibiotico. E così via. Ma la malaria ha un conto alla rovescia, e c’è una fase nella quale non è letale. Se ci si sottopone alla giusta terapia per tempo, si guarisce senza troppi problemi. La soglia di sicurezza però è l’insufficienza degli organi. Se si supera questa linea, le chance di sopravvivere si riducono drasticamente. Purtroppo a Olbia è accaduto esattamente questo». «Se sai che la tua meta è uno dei paesi a rischio, hai il dovere di informarti sulle precauzioni da adottare. Basta una ricerca su Google e trovi tutti le informazioni utili sui farmaci da assumere. E se non sei così tecnologico, puoi comunque andare dal tuo medico di famiglia che ti darà tutti gli accorgimenti da adottare per non correre rischi».
Non basta: «Se però decidi di partire senza una copertura contro la malaria, allora devi stare con le antenne sollevate, e non trascurare ogni minimo sintomo. In questi casi basta andare in un ospedale, far presente il recente viaggio in Africa, e i medici faranno i dovuti accertamenti per escludere le malattie tropicali. Olbia, che sicuramente non è un centro d’eccellenza sulle malattie infettive, ha diagnosticato la malaria in maniera molto rapida». I casi in Sardegna per fortuna sono rari, e riguardano principalmente gli extracomunitari che rientrano al loro paese d’origine e poi ritornano in Italia.
«Proprio in questi giorni – prosegue Babudieri – abbiamo in cura uno di questi casi. Succede ad esempio ai nigeriani, lontani dall’Africa ormai da diversi anni, che vanno a perdere la propria immunità alla malaria. Ma loro non lo sanno, e partono ignari di essere nuovamente vulnerabili: e quella puntura di zanzara che in passato era totalmente innocua, a distanza di anni invece diventa infettante».