«La mia intervista con Bruno Pizzul»
In occasione di un premio giornalistico il telecronista sportivo espresse il desiderio di tornare in Sardegna
Sassari «La Sardegna è una terra che amo da sempre. Non riuscirò a venire quest’anno, gli acciacchi dell’età non perdonano. Ma è una promessa che mi faccio, tornerò insieme ai miei figli che in realtà ci vengono spesso e curerò gli occhi e il cuore». Mi aveva lasciato con questa promessa Bruno Pizzul, un paio d’anni fa. Una promessa che gli avevo strappato durante l’intervista in occasione del Premio giornalistico della Sardegna (Genera Festival) nell’agosto del 2023.
A lui il “premio per lo sport Pino Pinna”, a lui che di premi ne aveva ricevuto tanti ma che in realtà non lo hanno mai cambiato, nel modo di essere, nello stile e nell’approccio umano con la gente. Mi confessò una verità disarmante: «Non ho mai considerato il mio lavoro un vero lavoro. Perché non sentivo la fatica, non facevo sforzi, condividevo con il pubblico l’adrenalina e la gioia di vivere lo sport, non l’ho mai vissuto come un sacrificio». E senza accorgersene ha volutamente mandato un messaggio d’amore per quella professione che lo ha consacrato re dei telecronisti, da quando vinse un concorso come programmista Rai bandito attraverso il gazzettino radiofonico, fino all’assunzione vera e propria. Da sportivo, ancora prima che giornalista, Bruno Pizzul ha messo da parte il linguaggio forbito che sapeva dosare con saggezza, per parlare al telespettatore con la leggerezza della quotidianità. E quella emotività, mai sopra le righe.
Quella emozione io l’ho sentita tutta, quando, alla veneranda età di 84 anni, mi disse: «Non chiamatemi maestro, io non devo insegnare niente a nessuno. Sono stato sempre un tramite tra voi e i giocatori, una voce che è stata fortunatamente, la voce di tutti noi, quando guardiamo una partita. Sono stato fortunato, non solo per una carriera che nemmeno potevo immaginare, ma anche per aver conservato la bellezza che c’era intorno a me, dello sport, della vita, dei valori dietro allo sport». Mi raccontò ridendosela sotto i baffi, del ritardo causato da Beppe Viola alla sua prima telecronaca, fino alle partite a carte con gli amici del bar. L’uomo, nella sua incredibile umanità, non sapeva di essere la voce immortale delle telecronache italiane.