La Nuova Sardegna

Il racconto

Blackout in Spagna, la testimonianza di un sardo: «Sembrava di essere in un film»

di Andrea Massidda
Blackout in Spagna, la testimonianza di un sardo: «Sembrava di essere in un film»

L’odissea vissuta da Marco Spadaccino, cagliaritano rimasto bloccato all’aeroporto di Valencia

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Cagliari Sembrava una splendida mattina di primavera, di quelle particolarmente baciate dal sole. E invece, come in un film ambientato in un futuro distopico, lunedì scorso la vita delle città della penisola iberica si è improvvisamente fermata: i semafori in tilt hanno lasciato gli automobilisti in balia degli ingorghi, negli uffici i monitor dei computer si sono oscurati, e supermercati, banche, hotel e bar sono rimasti al buio, con le carte di credito inutilizzabili e tutti i mezzi di trasporto bloccati, metropolitane comprese. Per non parlare delle comunicazioni, interrotte in buona parte di Spagna e Portogallo. Una parentesi sospesa durata, nel migliore dei casi, nove interminabili ore, tra preoccupazione e una certa compostezza collettiva. Il mega blackout che per tutta la giornata di lunedì ha tolto la luce su due Paesi moderni e iperconnessi dell’Unione europea ha mostrato al mondo quanto sottile sia il confine tra normalità e caos. Ne sa qualcosa Marco Spadaccino, un ventitreenne cagliaritano che vive a Lisbona, dove fa il fitness coach, e al momento dell’apagon de luz – cioè dell’interruzione di corrente – si trovava all’aeroporto di Valencia pronto a salire sull’aereo per ritornare nella capitale portoghese.

«Le procedure d’imbarco – racconta – erano già iniziate, ma io me la prendo sempre con comodo. E mentre attendevo il mio turno sono entrato in una chat di colleghi nella quale si parlava di un blackout pazzesco in corso in tutta la penisola. Qualcuno ipotizzava un attacco informatico, qualcun altro ha pensato all’inizio di una guerra. Io per la verità non mi sono preoccupato più di tanto, ma facendo due-più-due ho capito perché nel mio scalo stavano pian piano cancellando tutti i voli. Alla fine anche il nostro, con tutti i passeggeri costretti a scendere dall’aereo sul quale avevano appena preso posto».

Scene di panico? «No, ma angoscia sì – continua Marco –, non fosse altro perché nessuno tra il personale dell’aeroporto e quello della compagnia aerea dava spiegazioni su quanto stesse accadendo. Ma noi nel frattempo notavamo che l’aria condizionata era spenta, i negozi abbassavano le serrande, e rimanevano aperti soltanto i bar che distribuivano acqua. La poca energia elettrica disponibile era garantita da un gruppo elettrogeno».

La preoccupazione più grande era che si scaricasse la batteria del cellulare. «Soltanto in pochi avevano la power bank e questo effettivamente era un problema. Mi hanno raccontato che da El Corte Inlges (i grandi magazzini spagnoli - ndr) le stavano vendendo cariche al 50 per cento ma al doppio del prezzo».

Considerato che la partenza era rimandata di almeno un giorno, la priorità era prenotare un albergo. Facile a dirsi. Peccato che i pos per i pagamenti elettronici non funzionavano. E soltanto chi, come me, ha avuto la prontezza di prenotare attraverso Booking è stato accolto in albergo. Tutti gli altri erano disperati. Senza corrente elettrica ti senti davvero perduto».

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