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Pecore sarde o anche straniere? Scontro tra il consorzio pecorino e la Regione

di Paolo Ardovino
Pecore sarde o anche straniere? Scontro tra il consorzio pecorino e la Regione

La Giunta contro l’arrivo delle pecore “esotiche” nell’isola. Maoddi: «Decidono i pastori quali sono le razze migliori»

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Sassari Dal Consorzio di tutela del Pecorino Romano Dop vogliono «fare chiarezza» perché «qualcuno sta facendo cattiva informazione per fare breccia sulla nostra sardità – lo dice Gianni Maoddi, presidente del consorzio –. La tutela del territorio è un valore altissimo, ma bisogna essere oggettivi e sapere che la decisione va lasciata alla filiera intera».

Il pomo della discordia è il disciplinare di produzione del formaggio Dop, sull’ultima versione la Regione ha espresso parere negativo. In particolare, per la scelta di non inserire una lista che obblighi gli allevatori a utilizzare il latte delle sole razze autoctone di Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto: dalla Sarda alla Nera di Arbus, dalla Comisana alla Massese, dalla Vissana alla Sopravissana, passando per quella dell’Amiata. Dando così la possibilità all’introduzione di pecore “esotiche”.

Nei giorni scorsi l’assessore regionale all’Agricoltura Gian Franco Satta si era espresso sulla «salvaguardia della specificità della razza sarda». Maoddi però fa muro: «La Regione Sardegna, così come Lazio e Toscana, è stata chiamata a esprimere un parere sulle modifiche approvate dall’assemblea del consorzio, e non un punto di vista su ciò che dovrebbe essere modificato». Secondo l’imprenditore caseario, numero uno del consorzio di tutela, la politica ha oltrepassato il confine: «Anche perché la prerogativa è della maggioranza del comparto allevatori-produttori-stagionatori-confezionatori aderenti al consorzio». E semmai, se la politica regionale vuole avere voce in capitolo, «può incidere con azioni concrete e strumenti da mettere in campo», propone.

Maoddi ripercorre il voto alla modifica in questione: nell’assemblea, solo il 39,1 per cento si è mostrato favorevole all’inserimento di una lista di razze autoctone (contrari 29,4 per cento e astenuti 26,3 per cento). L’asticella del 66,6 per cento necessario per ottenere i due terzi è rimasta ben lontana. «Con tutte le mie forze devo difendere ciò che l'assemblea a dicembre 2024 ha deliberato, non si può pretendere ora che una minoranza possa prevalere. Le decisioni non sono politiche, ma a tutela dell’intera filiera».

L’ultima approvazione al disciplinare di produzione del 2009 non menziona le razze, quanto la provenienza del latte destinato alla trasformazione del formaggio. In particolare, in un passaggio si legge: «Il “Pecorino romano” Dop è un formaggio a pasta dura e cotta prodotto esclusivamente con latte fresco di pecora intero, proveniente da allevamenti ubicati nella zona indicata al punto 4.3» tradotto poco più avanti: «Intero territorio delle regioni della Sardegna, del Lazio e della provincia di Grosseto».

Il latte deve essere prodotto da pecore allevate nelle aree di produzione, ma non per forza appartenenti alle razze sopra elencate. Il documento lo mostra proprio Maoddi, che inoltre evidenzia: «A detta dei sostenitori delle razze autoctone, il latte proveniente da razze esogene non raggiunge il 5 per cento della produzione totale», un dato abbastanza esiguo e fuori da allarmismi, sembra suggerire.

Resta aperta la possibilità di tornare in assemblea, sostiene il presidente del consorzio, che apre all’assessore Satta: «La politica e le istituzioni sensibili all’argomento dovranno mettere in campo tutti gli strumenti normativi ed economici per affiancare e sostenere questo processo». Ma esiste una razza di pecore migliore di tutte per produrre latte? Maoddi è chiaro: «Quella che i pastori decideranno di allevare».
 

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