TedXViaCavour, le “strade” di Binaghi: «Il tennis? Un rettilineo a 6 corsie»
Il presidente della Fitp racconterà all’Ex-Ma i suoi percorsi di vita
Sassari Angelo Binaghi è uno che le strade le costruisce. Da ingegnere, prima che da presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel. Le strade per lui sono percorsi di vita, svolte improvvise, o incroci attraversati senza rallentare. E qualcuna, come vedremo, l’ha presa pure contromano. Le strade Binaghi le misura, le disegna e poi ci passa con il rullo compressore. Senza curarsi troppo del rumore, dei paletti, né delle critiche. Sarà uno degli speaker al TEDxViaCavour, il 27 giugno a Sassari. Tema: “Strade”.
Gli hanno dato 18 minuti per parlare. Non è chiaro se racconterà una curva o tutto il tracciato. Ma c’è da scommettere che sul palco dell’Ex-Ma tirerà dritto come ha sempre fatto.
Il tennis da ragazzo: la strada panoramica «Una strada bella, con paesaggi suggestivi. L’ho imboccata per divertimento. Mi ha portato più lontano di quanto pensassi». Strada obbligata. Famiglia con la racchetta nel sangue. Il nonno, il fratello, persino i genitori: tutti tennisti. E lui con loro, dentro i circoli, fin da bambino. Più che una passione, un destino. Binaghi arrivò fino al 16° posto della classifica nazionale, due medaglie alle Universiadi, sei titoli universitari. Intanto si laureava in ingegneria e si allenava la metà degli altri. Non fu mai costretto a scegliere davvero. «Non ho mai pensato di mollare l’università per rincorrere il tennis professionistico, né viceversa». Anzi, proprio quella doppia identità – il tennista-ingegnere – è diventata il suo segno particolare.
Fitp: la strada asfaltata per ripartire da zero Quando nel 2001 prende in mano la Federazione Italiana Tennis, Angelo Binaghi non entra in punta di piedi. Entra con la ruspa. Azzera tutto. Dirigenti, tecnici, staff: su cento, ne salva uno. Massimo Verdina, oggi ancora segretario generale. Tutti gli altri, compreso Panatta via, senza distinzioni. Non per vendetta, ma per metodo. «Abbiamo avuto il coraggio di resettare, cambiando tutti i nostri professionisti e collaboratori. È una scelta di cui vado molto fiero». È l’inizio di una strada nuova, una carreggiata larga, una ripartenza senza compromessi. Da lì comincia la trasformazione: il tennis italiano smette di essere una nicchia aristocratica e diventa un fenomeno popolare, moderno, efficiente. Una federazione che oggi cammina con le proprie gambe e corre con quelle dei suoi campioni.
Coni: il vicolo cieco senza via d’uscita «La strada che non ha portato da nessuna parte è quella del Coni. Un muro. Anzi, un vicolo cieco». Un ente che Binaghi ha criticato aspramente, andando in rotta di collisione col presidente Malagò. In ogni intervista, un colpo secco. «Il Coni non serve, io lo salto. Faccio il contrario di quello che fa il Coni, perché non posso far parte di quel sistema autoreferenziale». E queste critiche pesanti gli sono costate anche un processo con l’accusa di dichiarazioni lesive e violazione del codice di comportamento.
Il Tennis oggi: un’autostrada infinita Il tennis italiano oggi è un’autostrada. Sei corsie, asfalto liscio, rettilineo infinito. Da Sinner a Berrettini, da Paolini a Musetti, da Errani a Bolelli e Vavassori. Campioni che viaggiano spediti verso tornei internazionali, finali Slam, coppe Davis. Binaghi non se ne prende il merito. Ma di certo ne ha disegnato la segnaletica. Ha impostato il navigatore. E ha fatto in modo che nessuno perdesse la direzione. «Il tennis oggi è un rettilineo largo come un’autostrada che può portare l’Italia ovunque», dice. E ha ragione. Perché oggi è lo sport che meglio rappresenta un’Italia che ha preso gusto a vincere.