La Nuova Sardegna

Aree marine

La patella gigante rischia di sparire: inizia il censimento nelle coste sarde

di Federico Spano
La patella gigante rischia di sparire: inizia il censimento nelle coste sarde

Lo studio del dipartimento di Veterinaria di Sassari

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Sassari La “patella gigante” rischia di sparire dalle acque della Sardegna. Nota agli scienziati come Patella ferruginea, questa specie, distribuita nelle coste rocciose della Sardegna, ha avuto di recente una riduzione sensibile anche all’interno delle aree marine protette. Le cause non sono ancora note, probabilmente un mix tra innalzamento delle temperature e una proliferazione del suo predatore naturale: il gasteropode Stramonita haemastoma, un boccone di mare che quando prende di mira la patella le impedisce di attaccarsi allo scoglio in cui vive e la mangia dall'interno.

La patella ferruginea è una specie protetta e si trova ormai in buon numero soltanto nelle aree marine protette de Nord-Ovest della Sardegna, dall'Asinara alla Maddalena, da Tavolara alla penisola del Sinis. Per anni, questi enormi molluschi, che arrivano a 15 centimetri di diametro e possono vivere fino ai 15-20 anni, sono stati predati dall’uomo, al punto che sono scomparsi da quasi tutte le coste sarde.

A seguito del recente allarme, per capire lo stato di salute della patella ferruginea, è stato finanziato dalla Regione un progetto da 200mila euro, che coinvolge il dipartimento di Veterinaria dell'università di Sassari, il CNR di Oristano, e diverse aree marine protette sarde. Compito dei ricercatori sarà fare un censimento numerico, ma anche genetico, delle varie popolazioni di questa specie lungo le coste sarde, e di capire quali sono le reali cause della sua drastica riduzione. Da un lato c'è sicuramente il gasteropode killer, favorito dall’aumento delle temperature, dall'altro, potrebbero esserci ulteriori fattori da indagare.

«Il progetto è già partito – spiega Marco Casu, zoologo marino del dipartimento di Veterinaria dell’università di Sassari – e si dovrebbe concludere all’inizio del 2026. Da un lato c’è il monitoraggio, con la valutazione della consistenza numerica, dall’altro c’è lo studio della variabilità genetica di questa specie nelle aree di investigazione. L’obiettivo è anche quello di capire se questa diminuzione degli esemplari abbia portato anche a una riduzione della variabilità genetica e quindi del potenziale adattativo della patella. Il tutto, in un’ottica futura di un eventuale trasferirimento individui da una zona all’altra».

Per fare le valutazioni genetiche, vengono prelevati piccoli campioni di tessuto dalle patelle, che poi vengono riposizionate al loro posto. «La patella viene georeferenziata – spiega il professor Marco Casu, che studia questa specie da oltre 20 anni – e dopo un po’ di tempo si controlla che sia ancora al suo posto. Questa specie tende a restare sempre nello stesso punto, compiendo solo brevissimi spostamenti per nutrirsi per poi tornare alla posizione abituale. Bisogna considerare che la patella ferruginea durante la crescita, adatta la forma del suo guscio proprio alla piccola porzione di roccia in cui vive e cresce. L’effetto ventosa, infatti, funziona perfettamente solo in quel punto. Durante il corso della sua vita, la patella cambia sesso: nasce maschio e quando arriva a circa 4-5 centimetri di diametro, diventa femmina. All’Asinara abbiamo trovato esemplari anche di 15 centimetri di diametro. Purtroppo, quello che appare come il suo predatore principale, il boccone dalla bocca rossa, ama le acque calde. In questi ultimi anni, a causa anche dei cambiamenti climatici, si sta probabilmente riproducendo più facilmente».

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