La Nuova Sardegna

L’intervista

Pierpaolo Sau, fine dell’incubo: «Ho sempre saputo di essere innocente»

di Simonetta Selloni
Pierpaolo Sau, fine dell’incubo: «Ho sempre saputo di essere innocente»

Parla il sindaco di Tonara: è stato assolto dalle accuse nell’inchiesta “Sindacopoli”

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Tonara «L’ho sempre pensato, tutta questa storia mi sembrava assurda. Con me lo pensavano anche i miei concittadini. Sono felice per l’assoluzione, sono una persona onesta». La loquacità di Pierpaolo Sau fa rima con felicità: assoluzione piena chiesta dallo stesso pg, il recupero di una patente di persona onesta dopo dieci anni dall’esplosione di un’inchiesta che lo aveva condotto in carcere.

Lei non ha mai dubitato che si sarebbe tutto chiarito?

«A dire il vero io pensavo che sarei stato scagionato già in primo grado. C’è voluto più tempo, ma ero sicuro che queste accuse non avrebbero potuto avere riscontri».

Quando lei venne arrestato era sindaco di Tonara. Stava preparando la sua ricandidatura. Ma finì in carcere.

«Sì, era qualche giorno prima della scadenza del termine. Restai in carcere nove giorni. Allora si candidò mia moglie (Flavia Loche ndr), e venne eletta. Questo è un po’ il sintomo di quello che i tonaresi pensavano sul mio conto: non ritengo abbiano mai creduto alle accuse che mi venivano rivolte. E anche l’ente per il quale lavoro, l’Agenzia Laore, non mi ha mai sospeso dal servizio».

Era il 2015, poi nel 2020 lei decise di ricandidarsi. Perché lo fece?

«Io mi sono messo al servizio del mio paese. E infatti mi hanno rieletto, qualcosa vorrà dire. Io ero tranquillo, ripeto, pensavo davvero che tutto si sarebbe risolto già con il primo processo. E invece, mi hanno condannato».

Dove ha aspettato la sentenza d’appello? Era sereno?

«Ho aspettato a casa, sono andato alle altre udienze. Ero un po’ teso, lo ammetto. Ma sono contento di come è finita, ringrazio l’avvocato Ravenna».

Con la condanna lei è stato sospeso, e attualmente il Comune è retto dalla sua vice. Cosa farà ora?

«La sospensione è una conseguenza della legge Severino, automatica dopo la condanna in primo grado. Ora attendo il provvedimento della Prefettura, e tornerò a fare il sindaco, per il tempo residuo del mandato, un anno».

Ma dopo quello che è successo, ha ancora voglia di fare il sindaco?

«Certamente, a Tonara sì, perché il mio è un paese di gente onesta, laboriosa. Se lei nota, non siamo mai stati coinvolti in episodi di criminalità, nemmeno quelli che hanno interessato la Sardegna in passato, come sequestri, faide. Ho il piacere di fare il sindaco tra la mia gente che mi ha sempre sostenuto. Come mi ha sempre sostenuto la mia famiglia».

Ha riflettuto su cosa possa aver provocato il suo coinvolgimento in questa vicenda?

«Ma certo, immagino che sia la conoscenza con Salvatore Pinna. Ma è un mio concittadino, abbiamo praticamente la stessa età. Ci siamo sentiti spesso, e sa cosa le dico? Che nell’80 per cento delle intercettazioni bisticciavamo. Sembra assurdo, ma è così».

C’è qualcosa che ha fatto in questi anni che non rifarebbe, col senno di poi?

«Guardi, io mi sono comportato esattamente come si sarebbe dovuto comportare un sindaco di un piccolo comune come il mio. Per il resto, penso che ogni esperienza vada presa per quello che di positivo può dare».

Cosa le ha fatto più male in questi anni?

«Una cosa in particolare: dei 64 indagati, 63 erano accusati di associazione per delinquere. Tutti, ma non io. Eppure, i giornali, le televisioni, aprivano gli articoli con una mia foto nella quale apparivo particolarmente accalorato mentre parlavo da un palco. E venivo automaticamente messo dentro il calderone dell’associazione per delinquere, cosa di cui non ero accusato. Vorrei sottolinearlo. Ero innocente, sapevo di esserlo». Ora lo è anche in nome del popolo italiano. 

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