Morte di Claudio Manca, dal vestito di carnevale alle minacce sui social: gli indizi che hanno portato all’arresto di Battista Manis
In alcune dirette su TikTok l’imprenditore aveva accusato la vittima di avergli incendiato la casa
Terralba Dalle dirette social con minacce incluse trasmesse dalla sua casa di via Sicilia al carcere di Massama. Il tutto lasciando dietro di sé un morto, un assurdo travestimento carnevalesco fuori stagione e un passaggio all’autolavaggio forse per provare a cancellare tracce compromettenti dall’auto sporca di sangue e morte. Dopo una serie di azioni alla luce del sole, in qualche caso goffe, e altre compiute quando il buio era già calato, il velo è stato squarciato.
Sono stati sufficienti quattro giorni per piazzare la prima pietra miliare sull’inchiesta dell’uccisione del 49enne di Terralba, Claudio Manca. Dalle prime ore del mattino di ieri, il suo compaesano Battista Manis, 52 anni, è sottoposto a fermo di indiziato di reato per averlo ucciso – resta da capire quale tipo di omicidio gli viene contestato e come esattamente si siano svolti i fatti, ma qualcosa inizia a essere più chiaro –. Il giallo di Terralba pare risolto al termine di indagini che hanno imboccato subito una pista ben precisa, quella della vendetta, che, del resto, era impossibile ignorare dal primo istante in cui la vittima è stata ritrovata nella cunetta della circonvallazione, lungo la strada che unisce la cittadina a San Nicolò d’Arcidano.
L’arresto Da venerdì mattina, era il 26 settembre, non sono state solo le voci a rincorrersi, ma anche i passi compiuti dai carabinieri della stazione di Terralba e del Nucleo operativo, coordinati dal sostituto procuratore Marco De Crescenzo. Troppo sospetta è apparsa a tutti la coincidenza tra le minacce palesi che Battista Manis aveva rivolto in alcune dirette social a Claudio Manca e la fine di quest’ultimo. Gli inquirenti non hanno creduto che il caso ci avesse messo lo zampino e che proprio il bersaglio delle minacce fosse finito sotto le ruote di un’auto pirata. Già venerdì mattina, Battista Manis era stato in caserma, ma era uscito senza fogli e notifiche. Era, insomma, ancora un testimone, una persona informata sui fatti, come si dice in linguaggio da codice penale e aule di tribunale. In quel momento l’orologio stava già effettuando il conto alla rovescia che si è concluso nella tarda serata di due giorni fa.
Lunedì, quando ormai tutti sembravano concentrati sull’autopsia che si sarebbe dovuta svolgere ieri e che poi è stata rinviata, i militari dell’Arma sono entrati in azione. Battista Manis ha varcato nuovamente la soglia della caserma, ma stavolta, quando è uscito, non era più solo e soprattutto non era né libero né diretto a casa sua in via Sicilia, nella villetta che la sera di sabato 20 settembre era stata devastata da un incendio doloso che l’indagato attribuisce alla vittima. Non è ancora chiaro se l’arresto sia avvenuto direttamente lunedì o se invece il trasferimento verso la casa di reclusione di Massama, attraverso il provvedimento di fermo per indiziato di reato, sia stato effettuato nella mattinata di ieri per avere il tempo di espletare le classiche formalità.
L’indagine lampo È un dettaglio che a questo punto è rilevante soltanto per la cronaca temporale. In procura e al Comando dei carabinieri nessuno dice una parola sul caso, ma qualcosa trapela dalle maglie strettissime della rete di silenzio tesa per non compromettere l’esito dell’inchiesta. E alcuni dettagli appaiono quanto mai insoliti. Anche a Terralba le voci si rincorrono e qualcosa di più di un semplice sussurro sembra essere la versione secondo cui giovedì la telecamera di sicurezza di un autolavaggio abbia ripreso una macchina. Non un’auto qualunque, ma una di quelle su cui avevano puntato gli occhi gli inquirenti perché era nella disponibilità di Battista Manis, facoltoso ed estroso imprenditore che gestisce tre tabaccherie e ricevitorie che riteneva Claudio Manca l’autore materiale dell’attentato appena subito. Quando la portiera si era aperta, a scendere era stata una persona che indossava uno strano travestimento, una specie di costume di carnevale, qualcosa di simile a un coniglio o a un unicorno o a un personaggio da fiaba o da film horror.
Quella persona, secondo gli inquirenti, era Battista Manis e non faceva ritorno da una festa in maschera. Non era stato molto attento o forse aveva fretta quando si era messo a lavare la macchina, perché sembra che la sua auto urti l’impalcatura e si danneggi, altro elemento che potrebbe tornare utile alle indagini. Però gli elementi raccolti sono sufficienti e così scatta il provvedimento con la formula del fermo per indiziato di reato per omicidio, forse volontario o forse preterintenzionale, misura cautelare per cui si può procedere all’arresto, anche in assenza di un provvedimento del giudice, in casi di urgenza e purché siano presenti gravi indizi di colpevolezza e un fondato pericolo di fuga. È per questo che scattano prima le manette e poi i meccanismi che azionano le porte dei corridoi e delle celle del carcere.