Nella tenuta di Ragnedda feste a base di sesso e cocaina anche dopo l’uccisione di Cinzia Pinna
Il cadavere della 33enne di Castelsardo gettato tra i rovi. E l’assassino continuava a invitare altre donne adescate online
Palau Uno, due, dieci: ma quante sono le ragazze in Gallura che Emanuele Ragnedda ha cercato di adescare online accompagnando con foto hard l’invito a visitare la tenuta di Conca Entosa? Le segnalazioni (tardive) si moltiplicano come un fiume in piena nelle bacheche di Facebook e tutto lascia supporre che la trappola mortale in cui è cascata Cinzia Pinna sia solo la punta dell’iceberg di una specie di “zona franca”, neanche troppo sommersa e misteriosa, fatta di festini a base di sesso, strisce di cocaina e pistole sempre cariche a portata di mano. Tutto nel nome di un delirio di onnipotenza e di una presunta impunità venute meno drammaticamente dopo il colpo di pistola al viso che ha ucciso la ragazza 33enne di Castelsardo e infine la resa con la confessione dell’omicidio e il buio del carcere a Nuchis e poi a Bancali.
Un dato è certo: le feste a Conca Entosa si facevano già prima dell’uccisione di Cinzia Pinna, ma Ragnedda ha continuato a farle anche dopo, quando il corpo senza vita della ragazza si trovava nascosto tra i rovi nella tenuta. I carabinieri che svolgono le indagini in questi giorni stanno sentendo decine di persone e tra queste ci sono anche ragazze che conoscevano l’imprenditore di Arzachena e che magari avevano respinto le sue avances fin troppo esplicite. Insomma, tutto l’orrore di Conca Entosa sta venendo a galla pezzo dopo pezzo.
Tra le persone interrogate in questi giorni dai carabinieri del reparto territoriale di Olbia ci sono anche amici e conoscenti – uomini e donne – che con i festini non c’entrano nulla e che nelle ultime settimane per un motivo o per un altro sono andate spesso nella tenuta ad accompagnare Emanuele Ragnedda. Sono parecchie e, con il senno di poi, si potrebbe anche pensare che l’imprenditore avesse quasi bisogno di portare in quella casa il maggior numero possibile di persone per far vedere che tutto era in regola e che lì non c’era nessuno. Tutto come al solito. Invece il cadavere di Cinzia Pinna era proprio lì, a due passi, non più dentro la casa ma nascosto malamente, seminudo, tra i rovi e le erbacce nella tenuta. A tutti lui mostrava la casa, l’azienda, i vigneti, persino il cinghiale addomesticato che scorrazzava dentro la tenuta. Scene che oggi, visto quello che è accaduto, sembrano a dir poco surreali. Un film dell’orrore dove la realtà per una volta ha superato, e per distacco, la fantasia.