Sul cibo Europa divisa, Todde: «Servono regole nuove», Bonaccini: «No al fondo unico»
Appello all’unità e all’individuazione di obiettivi comuni, critiche alla Von der Leyen
C’è un documento, e un autore che nel dibattito sui cambiamenti del mondo non è stato citato, ma il cui lavoro e il nome è ricorso costantemente nei contributi dei relatori. Il documento è il Rapporto sulla Competitività Europea, il nome è quello del suo autore, l’ex premier e presidente della Bce Mario Draghi. Concetti come “più Europa”, “unione di capitali”, “superamento delle divisioni particolari”, “obiettivi strategici come conoscenza, innovazione, competitività”, sono stati il cuore degli interventi. A moderare il confronto, con domande e sollecitazioni, il direttore della Nuova Sardegna Luciano Tancredi, che a chiesto a Paolo De Castro, presidente di Filiera Italia e Nomisma, uno degli economisti più attenti al futuro dei sistemi agricoli, quanta Europa serve al nostro paese. «Abbiamo bisogno di più Europa – la replica– di più coesione sociali, non di Stati che vanno ciascuno per conto loro». Le critiche alla Von der Leyen non sono certo mancate. «Ci si aspettava un secondo mandato con una diversa impostazione: lo aveva promesso, un anno fa, ha ignorato le sue stesse convinzioni». L’agricoltura europea, ha ricordato De Castro non è un orpello dal punto di vista economico: è la base dell’economia del continente, come lo è del nostro paese. Le esportazioni del settore agricolo italiano – ha aggiunto De Castro – superano quella della meccanica. La politica comune, che compie 60 anni, non è stata la rappresentazione dell’assistenza ma è stata il fondamento dell’Ue. Ricreare il sogno europeo è un dovere».
E guardare agli errori o alle scelte a cuor leggero del passato è doveroso. Lo ha ricordato il vicepresidente di Bper ed ex presidente della Regione Antonello Cabras. «Le decisioni di oggi sono il prodotto delle scelte di 30 anni fa, quando Clinton diede il via alla stagione della globalizzazione spinta, quando si pensava di produrre ovunque a prezzi contenuti, esportando per magia la libertà o la democrazia». Un mondo semplice, con Eltsin visto come il simbolo del russo medio, in grado di recitare il ruolo di addetto alla grande pompa di benzina e gas di quel continente e con la Germania che correva per allargare verso Est la Nato e bilanciare così i paesi mediterranei.
«Gli errori non sono stati compiuti da Trump o da Putin, ma da noi, che ci siamo illusi e abbiamo preso male le misure del mondo», ha concluso Cabras. «Se riconosciamo che gli Usa hanno ragione a non spendere per la difesa, allora dobbiamo farcene carico noi, con una autorità in grado di decidere, perché le guerre si fermano anche con le politiche di deterrenza, che costano e hanno bisogno di risorse. Non vorrei che la riduzione dei fondi per la difesa sia dovuta anche a queste nuove e impellenti esigenze».
Ma si potranno percorrere altre strade per tutelare gli interessi europei senza tagliare i fondi a comparti strategici come quello agricolo? Ne è convinto Stefano Bonaccini, europarlamentare Pd ed ex presidente Emilia Romagna. «Il fondo unico chiesto da Von der Leyen va evitato, non garantisco il voto sul bilancio quando lei lo presenterà. Abbiamo però bisogno di altre scelte per trasformare l’Unione in una superpotenza: basta alle decisioni assunte solo all’unanimità, sburocratizzare i fondi agricoli e difendere i nostri agricoltori da politiche commerciali troppo aggressive». Contro il fondo unico anche la presidente Alessandra Todde. «Ho ricordato al vicepresidente della Commissione Raffaele Fitto la contrarietà delle Regioni Europee, spero che ne tenga conto». Per la Todde è tempo di mettere in campo nuove e più snelle regole a difesa di tutte le aree periferiche della Ue. «Abbiamo posto in questi anni regole folli sui prodotti industriali, distruggendo intere filiere, penso all’alluminio e all’acciaio, non possiamo far lo stesso con l’agroindustria. La qualità che per noi è tratto distintivo, deve diventare un valore aggiunto, riconosciuto». Difendersi da multinazionali che hanno lo stesso Pil di interi stati non è facile. «Incidono sulle regole, pongono condizioni, approfittano delle divisioni tra Stati, e si rafforzano proprio quando ci sono conflitti». Secondo Todde, «la strada europea sarà lunga e complessa, i dazi non spariranno in tempi rapidi, perché rappresentano un interesse nazionale. Noi sardi dobbiamo lavorare sulla qualità e sulle principali leve della competitività: energia e acqua, oro del futuro». Un riferimento diretto per opporsi ad un utilizzo non regolato del territorio sul fronte delle rinnovabili. «Non possiamo permettere che altri pianifichino per noi l’uso del nostro territorio. Energia, paesaggio e produzione agricola devono essere gestiti in modo coerente e sostenibile». La presidente ha voluto richiamare la necessità per l’Europa di tornare a investire in ricerca, innovazione e intelligenza artificiale, recuperando il ritardo accumulato nei decenni: «Non ci mancano le risorse ma una visione coesa. L’Europa deve tornare a esprimere leadership e a difendere con forza i propri territori. Solo così potremo garantire un futuro ai nostri settori strategici e alle nostre comunità». L’intervento del presidente di Leonardo, ex generale della Guardia di Finanza, ed ex direttore Aise Luciano Carta, è servito a tracciare uno scenario preoccupante. «Una guerra a pezzi, come diceva Bergoglio». L’elenco delle emergenze riportato da Carta ha lasciato interdetti i presenti: dall’inverno arabo, alla crisi ucraina, alle emergenze del Mediterraneo «caleidoscopio dove si contrappongono tre continenti, e decine di nazioni, dove la sicurezza, il terrorismo, il controllo dei flussi migratori si intersecano continuamente». E dove l’Italia è tre volte in prima linea. «Algeria, Libia, Egitto, Tunisia per noi sono la porta sud del mondo. La loro stabilità è il nostro futuro, come lo è la stabilità dei paesi balcanici. Nel corso di una mia missione in Albania, il locale premier accese la Tv e mi fece vedere cosa andava allora in onda in quei canali. “I turchi ci regalano i loro programmi e i loro fil; voi ce li fate pagare. Come mai”? La Turchia ha una idea di egemonia, culturale, e in Libia anche politico-militare, che ha immediate ricadute sulle nostre vite. D’altra parte la Russia, abbandonata la Siria, è sbarcata a Tobruk. Ce ne rendiamo conto»?(gcen)