Narcotraffico, il ruolo delle donne: madri, sorelle, compagne fanno le “staffette” e gestiscono i soldi
Inchiesta “Termine”, essenziali anche gli autisti: molti erano convinti di trasportare formaggi e torrone, invece nei tir c’era la droga
Sassari Le donne del narcotraffico non restano sullo sfondo. Non sono figure accessorie, né anime ingenue finite per caso in un gioco più grande di loro. Sono le custodi dei segreti, le mani che tengono accesi i telefoni criptati, le voci che cercano di levigare le tensioni. Donne che si muovono tra l’amore e il reato, tra la lealtà e la stanchezza.
A Ittiri la cocaina arriva a intervalli regolari. Lì, accanto a Daniele Manca — considerato il referente locale della rete — c’è Maria Assunta Casiddu, 36 anni. Nelle carte la descrivono come “compagna e collaboratrice stabile”. In realtà è molto di più: è quella che tiene i soldi, che gestisce i contatti con la Gallura, che risponde al telefono criptato quando lui non c’è, che consegna le partite di stupefacente. In una intercettazione ambientale, registrata nella loro casa, Manca raccomanda prudenza: «Non devi scrivere nulla, se serve chiami solo dal “citofono”». E lei dimostra di conoscere bene le regole. Ma non è immune alla paura. Si è posata nella sua quotidianità, ed è un peso difficile da rimuovere. L’angoscia, per le donne del narcotraffico, diventa quotidiana, domestica, quasi arrotolata intorno ai gesti di ogni giorno. Nel linguaggio freddo dell’ordinanza, Casiddu “collabora alla gestione dei flussi”. Nella realtà, vive in trincea, con il telefono in mano e la tensione addosso, sapendo che ogni squillo può rovesciare la vita.
Invece a Lanusei c’è Debora Contini, compagna di Marongiu. Il 17 giugno 2022, all’altezza di Lanusei, è in macchina proprio con lui e con Gian Paolo Locci . Stanno trasportando droga, incrociano un posto di blocco, e la corsa si trasforma in fuga. Mentre Marongiu urla e Locci comanda — “corri, corri solo…” — lei tiene il telefono, parla con l’acquirente di Ittiri, inventa una scusa, prova a coprire il panico. «C’è stato un serio problema», dice al telefono. E poi: «Se ci avessero fermato gliel’avrei detto che era mia». E Marongiu: «non parlare in macchina ti ho detto! Se io li devo… io li sperono anche! mi capisci?».
Una donna che mente per proteggere, che prova a tenere insieme i fili mentre l’auto sgomma e il mondo sta per scivolare sotto i piedi. Nell’ordinanza, gli investigatori scrivono: “Contini gestisce i contatti durante la fuga e mantiene il controllo delle comunicazioni operative”. Tradotto: è lei che salva la messinscena, che tiene la calma, che trasforma un disastro in ritardo di consegna. Poi ci sono le altre, le donne di mezzo. Quelle che non compaiono nei vertici, ma senza le quali il sistema non si muoverebbe. L’ordinanza le chiama “staffette”. Donne che viaggiano in auto davanti o dietro i corrieri, per verificare se ci sono controlli sulla strada.
Una di loro, intercettata «Lui parte, io mi faccio la solita strada e lo avviso se vedo la paletta». Sono madri, sorelle, compagne. Talvolta ciniche e assetate di danaro. Ma molto spesso donne intrappolate in una logica di fedeltà. Fanno da vedette per affetto o per paura, si prendono sulle spalle un pezzo di rischio, convinte che serva a proteggere qualcuno. “Le figure femminili dell’organizzazione svolgono una funzione di equilibrio e di riservatezza.”Sono il filtro tra il caos e la calma, tra il crimine e la casa.
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