La presidente della Regione Alessandra Todde al Governo: «Pronti alla sfida per i diritti della Sardegna»
La governatrice a tutto campo: sanità, il futuro di Rwm, il rimpasto in giunta, il Rally
Cagliari La Alessandra Todde che non ti aspetteresti, rispetto all’algida esponente dei Cinque Stelle di due anni fa. L’esperienza di governo ha incrinato la corazza d’acciaio per lasciare il posto a una presidente più empatica di molti suoi predecessori. In questo anno e mezzo abbondante di governo la Todde ne ha passate di tutti i colori. Sinora ha retto senza mostrare cedimenti. «Una cosa che ho capito è che quest’isola secondo me ha un desiderio sfrenato di essere amata. Però le persone hanno tanto bisogno di vedere anche un’istituzione vicina e di vederci, di poter chiedere che facciamo per le loro comunità. Uscire dalle logiche dei palazzi, dalla bolla delle istituzioni e incontrare i sardi è la mia migliore medicina». In questa intervista la Todde parla di tutto, dalla decadenza al rimpasto, dalla Sanità al Campionato mondiale di Rally, dalle bonifiche alle crisi industriali, dai trasporti alle vertenze con lo Stato.
Partiamo dalla decadenza. Le opposizioni continuano a ripetere che la vicenda non è chiusa. Che ne pensa?
«Bisogna avere rispetto e fiducia nelle istituzioni. Non sono giurista ma ingegnere, non ho elementi per interpretare le sentenze della Corte Costituzionale. Mi affido a chi ne sa più di me, ai costituzionalisti, ai miei legali. Se non avessi avuto la buona fede di aver fatto le cose per bene non sarei stata forse centrata. Sinora ho lavorato a testa bassa, perché qualunque fosse il tempo assegnatomi volevo restituire con gli atti la fiducia dei sardi».
Però governare con una spada di Damocle del genere sulla testa non è facile. È la prima volta che l’istituzione Regione vive una fase di incertezza prolungata.
«Siamo tutti a tempo, facciamocene una ragione. Io sono entrata in due governi che devono durare cinque anni e sono durati un anno e mezzo. L’esercizio che un politico deve fare è compiere passi concreti ogni giorno, senza pensare di risolvere con la bacchetta magica i problemi. I sardi vedono su tanti temi piccoli passi. I migliori, i più stabili».
Vuol dire che anche sulla sanità si stanno cominciando a vedere progressi?
«Nessuno ritiene che i mali della sanità sarda, che hanno origine pluridecennale, siano risolvibili in pochi mesi. Un esempio: tutti gli ospedali sardi, grandi e piccoli, non possono fare tutto. Prima era una eresia, adesso, dopo la nostra riorganizzazione funzionale si capisce. Chiedo ai lettori: vi fareste visitare o operare da chi ha grandi numeri o da chi, per dimensionamento limitato ha piccoli numeri e quindi minore esperienza? Per un problema complesso, andiamo in periferia o nei grandi ospedali?».
Arriviamo a una questione più concreta. Commissari Asl in scadenza o in proroga?
«Le leggi si rispettano: poche ore fa ho firmato il decreto che istituisce la commissione, già insediata, che dovrà valutare coloro, 56, che hanno presentato la domanda».
Il sistema industriale sardo è in sofferenza da almeno due decenni. Una agonia infinita. Come ne usciamo?
«Premessa: l’industria, il manifatturiero sono fondamentali per creare sviluppo solido. Siamo un’isola, dobbiamo esportare di più e meglio. Penso al sistema agroalimentare e alle seconde lavorazioni. Dobbiamo rafforzarci, ma capire cosa vogliono i territori, ascoltandoli e supportandoli, come la nautica a Olbia. Quest’isola ha bisogno di infrastrutture, e più connessioni, proprio per non perdere la sua identità».
E i mostri? Portovesme, minero-metallurgico fermo, Porto Torres chimica verde ridotta a uno slogan.
«I mostri vanno affrontati. Noi siamo ancora ostaggio di società nazionali che fanno melina per non fare le bonifiche o per non dare alternative serie. Parlo di Eni o Enel. Però la questione è anche capire che questa transizione, energetica e ambientale non si fa contro di loro, si fa con loro. Quindi bisogna avere tanta pazienza e tanto stomaco, sedersi al tavolo e continuare a negoziare e chiedere e condividere. Riguardo al minero-metallurgico, è fondamentale capire che vuole il governo. Ci crede? Allora investa e ci aiuti a sostenere nuove imprese che vogliono insediarsi. Se non ci crede lo dica pubblicamente. E se ne assuma le responsabilità».
E per Rwm? La società vi vede col freno a mano tirato.
«Questa vicenda si è sviluppata su tre livelli. C’è un piano ambientale. La giunta Pigliaru aveva dato l’ok all’ampliamento senza ulteriore Valutazione di impatto ambientale. Le associazioni ambientaliste hanno fatto causa, l’hanno vinta e il Consiglio di Stato ha imposto che si adottasse una Via. Se queste stesse associazioni mi portano un dossier corposo, e mi dicono di verificare prima di dare l’ok, io lo devo fare, perché non posso cadere in un nuovo contenzioso e francamente vorrei chiudere questa pratica, liberando la Sardegna dal ricatto “ambiente o lavoro”. Il secondo livello riguarda la tutela dei posti di lavoro. Non possiamo accettare lavoro precario, e non voglio ritrovarmi come nel 2021 con la stessa azienda al Mise, che tolta la commessa dell'Arabia Saudita per via dello Yemen ha mandato casa metà dei dipendenti. Il terzo è etico. Quello che noi ci dobbiamo chiedere è: vogliamo essere dentro un'economia di guerra, e che tipo di alternative? Queste attività avranno ricadute tecnologiche sul territorio? Se così fosse magari le guarderei con un occhio differente».
Ricadute sul territorio anche per il metano nel nord Sardegna?
«È evidente. Nel decreto del governo è scritto che si avrà anche una nave a Porto Torres che deve sostenere l’area circostante. Ma il punto più importante è che sul mix energetico non ci sono più dubbi, che la riconversione della centrale di Fiume Santo è all’ordine del giorno e che la tariffa per i sardi è uguale a quella degli altri italiani. Vorrei ricordare che la prima ipotesi di “virtual pipe-line” nel secondo governo Conte portava la mia firma».
Passiamo a temi in apparenza più leggeri. Il Rally di Sardegna dopo il 2026?
«Il Rally muove un indotto di 80 milioni, non è un mero fatto sportivo. Difenderlo è doveroso e giusto. Queste sono le pedine in campo: Aci ha accettato una manifestazione di interesse per il trienno ’25 ’26 e ’27. Il ministro dice che è il promoter a voler cambiare, ma il promoter andrà via a fine anno. Faremo il Rally del 2026 e ci sentiremo con il nuovo promoter per il 2027».
Continuità territoriale e razionalizzazione del sistema aeroportuale. Se sul primo punto Ryanair ripropone l’abolizione della tassa comunale, sul secondo siete in ritardo per usare i 30 milioni messi a bilancio?
«Sulla tassa ribadisco che siamo aperti almeno per la stagione winter, ma non accettiamo ricatti, né ci confrontiamo da una posizione di sudditanza. Noi ci sediamo al tavolo, ma il tono deve cambiare. Vogliamo vedere numeri, e carte, non solo annunci. Se Ryanair prende impegni chiari e solidi dialoghiamo da domani. Sul secondo punto la Regione deve controllare ma non gestire, deve avere la possibilità di influire sulle politiche industriali della gestione degli aeroporti. Sul closing per arrivare a una holding che coordini le tre società aeroportuali siamo ancora in tempo».
Vertenza entrate e fondi stornati alla Regione, per 1,7 miliardi. L’intesa col governo sembra distante.
«Capisco che restituire 1 miliardo e 700 milioni per il governo sia complicato, ma sono soldi nostri. L’intesa è possibile, magari ricevendo benefici diversi su altre partite, e in tempi non diluiti in dieci anni. Insularità e fiscalità sono due partite che possono entrare in questo discorso, ma ovviamente partiamo dal fatto che ci vada riconosciuto quello che non c'è stato dato».
Come sarà la vostra prossima manovra finanziaria?
«Coerente con quella dello scorso anno. Puntiamo su tre leve: sanità, economie tra gli assessorati, e uso proficuo dei fondi europei. Ci sono, vanno usati adesso».
La parola finanziaria si porta dietro il tormentone del rimpasto. Chi e quando cambierà casacca?
«Tema che non mi appassiona, ma che non evito. Non ho incontrato il capogruppo dei Progressisti Agus, ma una delegazione del partito, e a loro ho chiarito che sto governando per tutti i sardi, non per Progressisti o per il Partito democratico o per il Movimento cinque stelle. In questo momento è prioritaria la finanziaria. Sarei matta ad aprire a un rimpasto. Se ne parlerà dopo».
Come sta il suo Movimento? L’addio di Chiara Appendino dalla vicepresidenza la preoccupa? E che ne pensa del Progetto Civico Italia, con Alessandro Onorato e la sindaca di Genova Salis?
«Ben venga il confronto e la dialettica interna tra di noi. Se non si cambia mai idea non c’è democrazia. Mi chiedo però cosa vuol fare il Movimento? Se va da solo si condanna a fare testimonianza. Abbiamo dimostrato che anche al massimo con il 33% non eravamo in grado di governare da soli, non eravamo in grado di incidere. Non eravamo in grado di fare politica, ma interpretavamo solo il mal di pancia delle persone. Legittimo, ma non potrei mai stare in un movimento di quel tipo. Dobbiamo invece costruire un progetto e avere un perimetro, dei valori condivisi. Esserci incanalati in un contesto progressista, è stato per me quasi naturale. Come lo è guardare con attenzione al Progetto Civico Italia, che vede il sindaco di Napoli, Manfredi, tra i protagonisti. Solo questo fatto per me è sinonimo di serietà».
Ultima domanda, la più frivola. Alcuni suoi predecessori “staccavano” per intere settimane più volte. Lei come è messa a vacanze?
«Sono messa male, molto male. Le farò tra diversi anni».