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Incendi, dati choc: in Sardegna bruciata un’area grande quanto 5200 campi da calcio

Incendi, dati choc: in Sardegna bruciata un’area grande quanto 5200 campi da calcio

I dati di Legambiente: 2025 anno da bollino rosso, in fumo in Italia 94.070 ettari, l'isola tra le regioni più colpite

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Roma Il 2025 è un anno da bollino rosso per le foreste italiane. Secondo i dati raccolti da Legambiente nel suo nuovo report, e presentati oggi 29 ottobre a Roma all'VIII Forum Foreste, da inizio anno al 15 ottobre sono bruciati 94.070 ettari di territorio, pari a 132mila campi da calcio, quasi il doppio rispetto agli ettari andati in fumo nel 2024, ossia 50.525 ha. Il Sud Italia si conferma l'area più colpita dalle fiamme: maglia nera alla Sicilia, con 49.064 ettari bruciati in 606 incendi; seguita da Calabria, con 16.521 ettari in 559 eventi, Puglia con 8.009 ettari in 114 eventi, Campania con 6.129 ettari in 185 eventi, Basilicata con 4.594 ettari in 62 eventi. Ci sono poi il Lazio con 4.393 ettari in 133 eventi e Sardegna con 3.752 ettari in 57 eventi.

A livello provinciale, le province più colpite, sono quelle siciliane di Agrigento (17.481 ettari bruciati), Caltanissetta (11.592), Trapani (7.148), seguite da Cosenza (6.720) e Foggia (4.9739). All'impennata degli incendi, si affianca l'accelerata della crisi climatica che contribuisce a rendere le foreste più fragili e vulnerabili con eventi meteo estremi sempre più intensi, ondate di siccità e un'estate 2025 che per l'Italia, secondo Copernicus, è stata la quinta più calda registrata dal 1950 ed è stata segnata da un'anomalia termica di +1,62°C. Preoccupa anche la proliferazione del bostrico, un piccolo coleottero che negli ultimi anni è uno dei principali responsabili dei gravi danni alle foreste alpine già devastate dalla tempesta Vaia, causando il disseccamento e la morte di molti abeti rossi - segnala Legambiente - L'altro alert è che l'Italia sta così perdendo, a causa di incendi, crisi climatica e insetti parassiti, dei preziosi alleati nella mitigazione dei cambiamenti climatici essendo le foreste pozzi naturali di assorbimento e stoccaggio di anidride carbonica (CO2).

Una fotografia preoccupante a cui si aggiungono anche i ritardi ormai cronici della Penisola nella gestione forestale sostenibile. In Italia appena il 18% delle foreste ha un piano di gestione forestale vigente, ed è appena del 10% la percentuale delle foreste certificate con un incremento di 107mila nuovi ettari nel 2024 (ossia appena dell'1%), la manifattura nazionale del legno arredo dipende dall'estero per l'approvvigionamento di materia prima dato che l'Italia importa circa l'80% del nostro fabbisogno. Inoltre, la Penisola è in forte ritardo nel contrastare la crisi climatica visto che mancano all'appello i Piani forestali di indirizzo territoriale (PFIT) con effetti anche di mitigazione e adattamento al clima degli ecosistemi forestali su scala locale; così come nella lotta al contrasto alla deforestazione e al degrado forestale a livello globale non è riuscita a dare sino ad ora un segnale forte nel chiedere di velocizzare l'attuazione del regolamento EUDR, approvato nel 2023, e prorogato di 12 mesi dall'Ue a cui si potrebbe aggiungere un ulteriore rinvio. Tra i pochi passi avanti compiuti dal Paese, bene, invece, l'approvazione delle linee guida per l'attuazione del "Registro pubblico sui crediti di carbonio generati su base volontaria dal settore agricolo e forestale" che prevede regole per certificare i progetti di assorbimento di CO2, e la nascita della Rete nazionale dei primi 60 Boschi Vetusti che tutelano la biodiversità forestale. Una cosa, però, è certa, denuncia Legambiente, l'Italia ad oggi paga lo scotto di sottovalutare il suo patrimonio forestale fondamentale per raggiungere gli obiettivi della transizione ecologica e attuare il Clean Industrial Deal made in Italy. 

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