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La situazione

Nuovo fermo biologico: pescatori, armatori e ristoratori sul piede di guerra

di Gianni Bazzoni
Nuovo fermo biologico: pescatori, armatori e ristoratori sul piede di guerra

Un decreto ministeriale ha allungato la sosta delle barche. Filiera in tilt: stop ai rifornimenti

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Sassari La notizia era nell’aria da una decina di giorni ma è stata comunicata ufficialmente solo nella tarda serata di mercoledì e conferma che i pescatori guidano la classifica delle categorie di lavoratori più maltrattate. Ieri era prevista la fine del fermo biologico per le imbarcazioni dello strascico e da oggi l’obiettivo era quello di tornare a pescare e cercare di recuperare un minimo di reddito e di produttività. Invece è stato disposto un nuovo fermo - decorre da oggi e fino al 30 novembre - che trascina nella misura anche palangaro, attrezzi da posta e pesca sportiva.

Tutti fermi, quindi. Il decreto firmato in extremis mercoledì sera dopo l’approvazione della proposta italiana da parte della Dg Mare di Bruxelles, prolunga il fermo per le imprese di un ulteriore mese. E se è vero che scongiura provvedimenti ancora più gravi (lo stop della pesca fino al 31 dicembre e l’allontanamento oltre le 4 miglia dalla costa), fa emergere una carenza di attenzione e di programmazione, ma anche di adeguate tutele verso una categoria di lavoratori che in Sardegna è costretta a vivere perennemente nell’emergenza, a galleggiare tra attese e promesse non mantenute. E a dividere con le più potenti flotte pescherecce nazionali che “bruciano” le giornate dello sforzo di pesca togliendo operatività proprio alle aziende sarde.

«In questi giorni ci sono state frenetiche interlocuzioni con i pescatori a strascico, gli armatori, i commercianti e i ristoratori. Tutta la filiera, insomma – racconta Gianni Pintus, presidente dell’Associazione generale Cooperative italiane della Federazione di Sassari – . Dico che il plafond di 36mila giornate (c’è stato uno sforamento di mille) è lo specchio di una concentrazione del consumo di queste giornate da imputare principalmente a imbarcazioni non sarde e di lunghezza superiore alla media di quelle di stanza in Sardegna». Il presidente dell’Agci sottolinea che le barche sarde, per le condizioni meteo pessime della nostra isola e per le dimensioni inferiori, non possono prendere il mare come e quanto quelle della penisola che quindi hanno sfruttato maggiormente il plafond a disposizione di tutte le imbarcazioni italiane. «É una stortura che va colmata e che penalizza le nostre imbarcazioni. L’auspicio è che si possa suddividere il plafond di giornate su basi regionali e tenendo conto dei periodi di maltempo e dei parametri di struttura di flotta».

La stragrande maggioranza degli armatori e dei pescatori hanno fatto molti sacrifici da settembre a ottobre, hanno investito sulle proprie barche e si sono preparati a riprendere il mare. «Tutto ciò è stato vanificato dalla incapacità di programmare un settore così importante come la pesca, oltreché nel gestire (male) i dati in tempo reale delle giornate consumate. Si potevano definire meglio le azioni più opportune e fare le dovute proposte a Bruxelles in tempo utile» afferma Pintus.

Il dramma di queste ore non riguarda solo i pescatori ma tutta la filiera. I commercianti all’ingrosso e al dettaglio che non possono alimentare i magazzini, i mercati ittici, la ristorazione. Aziende che si ritrovano con il personale comunque al completo e obbligati a lavorare con il “freno a mano tirato” e con il prodotto di importazione o di allevamento. E al danno si aggiunge la beffa: del mancato pagamento dei fermi pesca degli scorsi anni. E chissà quando verrà riconosciuto quest’ultimo che, come gli altri, sarà anticipato dagli armatori ai pescatori imbarcati. E spesso l’armatore è anche il pescatore imbarcato che sottrae risorse da investire per “fare da piccola banca”, in attesa del pagamento del fermo da parte del Ministero.

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