La Sardegna pronta al nucleare: cosa è una centrale a fusione, scorie e tempistiche
Il recente studio che individua anche un’area dell’isola tra i siti potenzialmente idonei ha riacceso il dibattito sul tema
Fin dall’annuncio del recente studio di Gauss Fusion che individua anche un’area del Cagliaritano (Macchiareddu) tra le aree potenzialmente idonee, la possibilità di vedere una centrale a fusione in Sardegna ha riacceso un dibattito tra i no e i pro al nucleare. La grande area industriale alle porte di Cagliari, dotata di infrastrutture, collegamenti e spazi adeguati, risponde ai requisiti tecnici delineati dagli esperti: una candidatura che, se confermata, potrebbe rappresentare una svolta storica.
Che impianto sarebbe
La centrale ipotizzata non è un impianto a fissione, cioè il modello tradizionale basato sulla spaccatura dell’uranio, ma un reattore a fusione termonucleare. È considerata più sicura perché non innesca reazioni a catena e non produce scorie radioattive di lunga durata. I reattori previsti utilizzano sistemi di confinamento magnetico in grado di trattenere un plasma a temperature altissime.
Le centrali a fusione di prima generazione: cosa producono e che scorie hanno
Gli impianti di prima generazione saranno i primi modelli destinati a un utilizzo commerciale e presenteranno alcuni limiti fisiologici. Anche se molto meno problematici della fissione, produrranno comunque materiali attivati: componenti interni che, bombardati dai neutroni del plasma, diventano temporaneamente radioattivi. Si tratta però di scorie a vita breve o medio-breve, smaltibili con protocolli molto più semplici rispetto ai rifiuti della fissione. Inoltre, i primi reattori non avranno rendimenti elevatissimi: saranno impianti pionieristici, necessari per aprire la strada a generazioni più efficienti.
Tempistiche
Anche nel migliore degli scenari, la costruzione di una centrale a fusione è un processo lungo. Prima servono anni di progettazione definitiva, valutazioni ambientali e approvazioni nazionali ed europee. Una volta avviato il cantiere, la costruzione può richiedere almeno 8-10 anni, considerando l’estrema complessità dei sistemi magnetici, dei materiali e delle infrastrutture di sicurezza.
A ciò si aggiunge un periodo di test, calibrazioni e avviamento graduale del reattore, che può durare altri 3-5 anni. In totale, dal giorno della scelta ufficiale del sito all’entrata in funzione reale si può parlare di un orizzonte minimo di 12-15 anni, che potrebbe diventare anche più lungo in caso di ritardi tecnologici o regolatori. In altre parole, una centrale a fusione operativa a Macchiareddu sarebbe comunque un progetto per gli anni ’40-’50 del secolo.
Perché Macchiareddu è considerato idoneo
La zona tra Cagliari, Capoterra e Uta è una delle poche in Sardegna dotate delle infrastrutture richieste: collegamenti, disponibilità di spazi, rete elettrica ad alta capacità, presenza di attività produttive e servizi tecnici. Tutti elementi che ridurrebbero tempi e complessità dell’insediamento.
Opportunità
Un impianto del genere potrebbe assicurare energia stabile, senza emissioni e con scorie gestibili, offrendo all’isola un ruolo di primo piano nella transizione energetica. Tuttavia, la tecnologia della fusione non è ancora matura: costruzione, test e piena operatività richiederanno tempi lunghi, e il dibattito politico e sociale sarà determinante. La Sardegna però, ha già espresso in passato contrarietà verso nucleare e depositi di scorie.
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