La Nuova Sardegna

L’intervista

Il femminicidio è reato, Carlo Nordio: «Vogliamo proteggere le donne»

di Manila Alfano
Il femminicidio è reato, Carlo Nordio: «Vogliamo proteggere le donne»

Una vittima ogni 72 ore, il ministro della Giustizia: «Così combattiamo chi viola la loro dignità che sarà punito con l’ergastolo»

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«Vogliamo proteggere le donne e combattere chi viola la loro dignità», così il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Martedì scorso l’Italia si è attrezzata per combattere la piaga dei femminicidi, qui dove c’è una vittima ogni settantadue ore. La Camera ha votato in via definitiva la legge che punisce con l’ergastolo chi uccide una donna, un’arma formidabile contro la violenza di genere. Chiunque, recita il testo appena approvato all’unanimità da tutti i partiti, causerà la morte di una donna, commettendo il fatto come atto di discriminazione, odio, prevaricazione, controllo, possesso o dominio verso la vittima in quanto donna, sarà punito con la massima pena prevista dal nostro legislatore: l’ergastolo.

Viene così completato un percorso inaugurato con il cosiddetto Codice Rosso che, nel 2019, ha rafforzato le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica: sono aumentate infatti le pene previste per i reati cosiddetti spia che spesso precedono il femminicidio come i maltrattamenti, gli atti persecutori e la violenza sessuale. Questo intervento legislativo tra le altre cose rende più facile l’adozione di misure cautelari come il carcere e gli arresti domiciliari agli autori di violenza ai danni delle donne. Troppe volte infatti abbiamo letto epiloghi tragici in cui il carnefice non ha rispettato il divieto di avvicinamento, misura evidentemente troppo blanda, anche quando veniva accompagnata dalla prescrizione del braccialetto elettronico. Ma non solo, la nuova legge sul femminicidio prevede un potenziamento della formazione dei magistrati in materia di violenza contro le donne che riguarda il versante economico i diritti umani, i pregiudizi e gli stereotipi giudiziari, la matrice culturale del fenomeno.

La nuova legge sul femminicidio è segno di una maggiore attenzione alle donne?

«Certamente. La nuova fattispecie di reato punisce con l’ergastolo chi uccide una donna per motivi di odio, discriminazione o dominio. È quindi una fattispecie autonoma, che enfatizza la protezione della donna in quanto tale».

Perché dare l’ergastolo per il femminicidio? Non si crea una disparità fra chi uccide una donna e chi uccide un uomo?

«La dignità della persona umana è ovviamente tutelata davanti alla legge, senza differenza di sesso: lo dicono la nostra Costituzione, la logica e l’etica. Ma in questo caso si è voluto ipotizzare un reato autonomo, rispetto all’omicidio aggravato, proprio per caratterizzare la particolare odiosità di chi uccide una donna perché ritenuta un soggetto inferiore, e come tale da dominare o disprezzare».

In concreto cosa cambierà con la nuova norma?

«Detto in termini atecnici, per esser più comprensibili, la conseguenza è che non potranno più essere concesse quelle circostanze attenuanti che spesso hanno mitigato la pena. Questo non significa che il giudice diventi un semplice notaio, ma sarà molto più difficile manifestare quella indulgenza che la stessa legge consentiva, e talvolta imponeva».

Si può sperare che con la nuova legge diminuisca il numero dei femminicidi?

«Le cause di questi atti odiosi sono numerose e complesse, e affondano le radici in una prevaricazione dei maschi nei confronti delle donne che si è sedimentata a causa di migliaia di anni di dominio. Quanto all’indipendenza economica è essenziale alla libertà. Una moglie che viva a carico del marito, anche se lavora dalla mattina alla sera per mandare avanti la casa, sarà sempre esposta a pressioni, e anche a ricatti, soprattutto nel momento di crisi del rapporto. La legge penale serve a dimostrare la presenza dello Stato nel tutelare certi interessi e certi valori, e la sua applicazione è necessaria per evitare che lo Stato perda autorevolezza. Non c’è di peggio che minacciare una sanzione e poi dire che abbiamo scherzato. Ma la sua efficacia preventiva e deterrente non è sempre correlata alla sua severità. Ci auguriamo che questa nuova norma serva quantomeno a ridurre i femminicidi, ma l’aggressività maschile può essere sradicata soltanto da una rigenerazione culturale».

L’Italia si è divisa sul caso della famiglia che vive nel bosco di Palmoli, in Abruzzo. È giusto strappare i figli a una famiglia non convenzionale che vive in un bosco?

«È un problema estremamente delicato, devoluto al buon senso e alla professionalità della magistratura minorile. Del caso in corso, ovviamente non posso parlare ma è chiaro che il prelievo forzoso di un minore, i presupposti che lo legittimano, non possono mai prescindere dal dovuto e difficile bilanciamento tra l’interesse del minore in prospettiva futura e quello attuale al mantenimento dello status quo».

Nordio attende le carte della “casa nel bosco”, poi farà le sue valutazioni. Se dovesse emergere qualche anomalia nella gestione del caso, il Ministro potrebbe decidere di inviare gli ispettori in Abruzzo.

L’autrice dell’intervista Manila Alfano è direttrice di Mamme Magazine, sito e inserto edito dal gruppo Sae

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