La Nuova Sardegna

L’intervista

Prete sardo vince lo Zecchino d'oro, don Francesco: «Nel testo un ricordo di mia nonna»

di Luigi Soriga
Prete sardo vince lo Zecchino d'oro, don Francesco: «Nel testo un ricordo di mia nonna»

La canzone si intitola “Ci pensa il vento”, lo ha cantato una bambina di Monza di 9 anni, Emma Dakoli

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Sassari Nella grande culla musicale che è lo Zecchino d’Oro, quest’anno ha vinto un testo che sembra arrivare da un’altra epoca: panni stesi, pagine che si sfogliano da sole, bandiere che si muovono senza rumore. Si intitola Ci pensa il vento, lo ha cantato una bambina di Monza di 9 anni, Emma Dakoli, e lo ha scritto un prete di Oristano, don Francesco Marruncheddu, ora parroco di Don Bosco a Sassari. Uno che dice di essere “meteopatico” e che nel vento non vede solo un fenomeno atmosferico ma una presenza che conforta, spinge, benedice. Un’idea semplice, quasi spirituale, che ha conquistato tutti: bambini, adulti, persino Carlo Conti.

Com’è nata “Ci pensa il Vento”?

«Le canzoni nascono sempre da un sentimento, dalle emozioni che ci interpellano. È bellissimo quando queste emozioni riescono a diventare parole e, come in questo caso, addirittura musica. Alcune immagini le ho catturate dal mio vissuto. C’è dentro una dedica a mia nonna, anzi, alle mie due nonne: nonna Maria Assunta e nonna Maria. Sono un po’ meteopatico: amo il sole, il mare, le cose belle. Quando arrivavano le giornate cupe mi rabbuiavo, e nonna Maria, che viveva in casa con noi , mi diceva proprio quelle parole che ci sono nella canzone: “Stai tranquillo, lo sai che il vento fa tanto per l’uomo?”. Mi ha insegnato a capire la bellezza degli elementi naturali, ed è stato un incoraggiamento nel mio crescere. Quel ricordo è diventato il cuore della canzone».

È la prima volta che un prete vince lo Zecchino. Ma questa non è la sua prima esperienza da autore.

«Io sono un paroliere. Scrivo da sempre, sono anche giornalista. La mia collaborazione con l’Antoniano va avanti da tanti anni, in diversi settori, non necessariamente musicali: l’Antoniano è una grande famiglia, non ha solo lo Zecchino d’Oro. È la prima volta che scrivo per lo Zecchino, anche se qualche canzone l'avevo già fatta. Nel 2022, per esempio, ho scritto “Fratelli tutti se vuoi”, dedicata a Papa Francesco per l'inizio dei suoi dieci anni di pontificato».

Il testo di “Ci pensa il vento” l’aveva scritto già pensando a una possibile musica?

«Sì, pensavo potesse diventare una canzone. Poi alcuni amici dell’Antoniano mi dissero: “Confrontati con Lodovico Saccol”. Gli mandai il testo e… ci sono voluti quindici anni! Lui la teneva sul desktop e mi ripeteva: “È bellissima, non darla a nessun altro. Te la musico io”. Ogni tanto gli dicevo: “Lodo, se non ti va, la diamo a un altro”. “No, no, fermo!” rispondeva lui. Alla fine l’abbiamo musicata due anni fa e da allora è stata proposta. È piaciuta molto anche a Carlo Conti. È una ballata riflessiva, poetica, romantica: i panni stesi al vento, le pagine sfogliate… immagini che rimandano a un tempo altro. Mi ha colpito che i bambini l’abbiano apprezzata tantissimo, e ieri la giuria degli adulti ha dato tutto dieci: un caso unico».

Quanto c’è della sua esperienza di uomo di chiesa?

«Sono un sacerdote e quindi è chiaro che nel vento veda anche la presenza dello Spirito Santo, ma non per retorica. È qualcosa che sento. Io sono abituato a riflettere molto: leggo, prego, sto in silenzio. Ascolto il mio cuore. Se siamo sempre circondati dal chiasso, non arriviamo in profondità».

C’è un messaggio di pace molto esplicito nel testo. Da dove nasce?

«Quella parte l’abbiamo raffinata insieme a Lodovico. Negli ultimi due anni è successo di tutto: Ucraina, Russia, Gaza… La pace non è mai secondaria. Mi porto nel cuore una frase di Papa Francesco, quando abbiamo presentato Fratelli tutti se vuoi: “La pace è l’armonia delle differenze”. L’immagine delle bandiere diverse che svolazzano allo stesso vento nasce proprio da questa idea».

Da bambino era un appassionato dello Zecchino d’Oro?

«Assolutamente sì! Non me ne perdevo uno. Mi registravo le videocassette. Sognavo di andare almeno una volta nel pubblico. Mai avrei pensato di entrare nella famiglia dell’Antoniano e, soprattutto, di scrivere io una canzone vincitrice».

Che atmosfera si respira oggi allo Zecchino d’Oro, dopo 68 edizioni?

«Un clima molto positivo, di grande gioia e serenità. Lo Zecchino è una favola che si rinnova, come un orologio svizzero. Oltre alla musica, l’Antoniano porta avanti grandi valori, come Operazione Pane, a favore di venti mense francescane in Italia, Romania, Aleppo e altri luoghi. Ma soprattutto c’è un clima di famiglia. I bambini del Piccolo Coro lo fanno con amore. Non c’è competizione: loro non sono in gara, vivono un’esperienza meravigliosa e unica. È un luogo puro, sempre». 

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