La Nuova Sardegna

Sassari

«Il campus? O si fa lì oppure niente»

di Luigi Soriga
«Il campus? O si fa lì oppure niente»

Il presidente dell’ente Poggiu difende il progetto nelle ex semolerie: «Se non passa darò fuoco ai 40 milioni di euro»

13 aprile 2013
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SASSARI. Quando i sogni non avevano ancora il peso dei soldi, galleggiavano a mezz’aria, in bilico tra l’utopia e il delirio di onnipotenza. Nel 2010 questo nuorese testardo chiamato Gianni Poggiu prese le redini dell’Ersu, e la gente di fronte ai suoi miraggi faceva spallucce. Sin dal primo giorno aveva l’ossessione del campus universitario. Aveva posato gli occhi sulla caserma Gonzaga, e dopo una chiacchierata con Arturo Parisi gli era venuta l’illuminazione: una struttura all’americana, mille posti letto, piscina, campi da calcio e tennis, cinema e automobiline elettriche a sfrecciare silenziose tra il verde. Pensava in grande, immaginando un progetto faraonico di diverse decine di milioni di euro capace di trasformare Sassari in una vera città universitaria.

I soldi. L’ipotesi della caserma si dissolse in un amen, ma nel frattempo avvenne un piccolo miracolo: i tecnici del Cipe danno un’occhiata alla cartella dell’Ersu, si convincono che il campus abbia un suo perché, e assegnano all’ente 20 milioni di euro per realizzarlo. Una valanga di soldi, che sommati agli altri 20 milioni già stanziati in passato dalla Regione, fanno una cifra imponente. Ecco che con 40 milioni di euro quel sogno svolazzante acquista improvvisamente gravità, precipita con tutto il suo peso sul mondo reale, e lo fa sussultare.

La guerra. Il mercato immobiliare entra in fibrillazione, la politica si attiva. E ora che quelle risorse fanno gola a molti, e si è scatenata una guerra su più fronti, Poggiu ha paura di restare col cerino in mano: «Ma il campus o si fa come dico io – avverte – oppure a quei 40 milioni gli dò fuoco. Ormai è un assalto alla diligenza. All’Università servono soldi per mettere a posto il bilancio. Il Comune li vorrebbe per ristrutturarsi le sue cose. L’interesse è solo per i 40 milioni, degli studenti non frega niente a nessuno. Loro vogliono il campus, gli altri vogliono i soldi».

La storia. Ma facciamo un passo indietro. La pioggia di euro precipitata sull’Ersu non è passata inosservata. La voce che l’ente stesse cercando un terreno dove farli attecchire, ha cominciato a correre svelta. L’area doveva essere sufficientemente grande da ospitare un villaggio studenti, almeno 300 posti letto, più tutte le strutture sportive e ricreative previste. Doveva’essere in posizione strategica, all’interno del perimetro cittadino, non doveva presentare problemi sul versante urbanistico. A Palazzo Ducale, in quel periodo, era in corso l’approvazione del Puc, e gli smottamenti si sentivano anche in quelle stanze. Il consigliere di maggioranza Piero Frau puntava i piedi sulla pratica che riguardava l’area ex Fiat di via Verona di proprietà dei costruttori Sanna, mentre il consigliere Pierpaolo Panu difendeva a spada tratta le istanze degli impresari Salis, titolari del lotto di via Budapest. Sono due delle possibili destinazioni del campus universitario, hanno tutte le carte in regola sul profilo dell’estensione, del verde, e dell’ubicazione, ma presentano degli intoppi urbanistici. I tecnici del Puc alla fine li giudicano irrisolvibili, e il mese scorso, quando la commissione dell’Ersu apre le proposte in busta chiusa, scarta via Verona e anche via Budapest.

Le alternative. Ma ci sono altre ipotesi nero su bianco: c’è un lotto in via Zanfarino, un terreno a Piandanna, uno a Li Punti, un altro a prezzi stracciati vicino a Usini e poi le ex semolerie Azzena, di fronte al cimitero, di proprietà della famiglia Cavalieri. Anche le istituzioni si fanno avanti: l’Università offre il suo ex Brefotrofio a 6 milioni e mezzo di euro, mentre il Comune cerca di sbolognare l’ex Turritania. L’Ersu declina gentilmente e opta per l’area degli ex molini Azzena, subito dopo il cavalcavia di Santa Maria. Apriti cielo. In verità è una scelta al ribasso, un accontentarsi di ciò che offre la casa, perché il villaggio da mille posti si condensa a 300 e il campus che abitava nel salotto della città deve accontentarsi invece del pianerottolo. Anche il Cda dell’Ersu, al momento di prendere la decisione, si spacca. Il presidente è a favore, Ottaviano Canalis (Udc) non ha dubbi, invece Peppone Masala (Pd) si tappa il naso e dice sì, il rappresentante dei docenti conosce i malumori dell’Università e preferisce astenersi, mentre il delegato degli studenti, Cuccurazzu è l’unico ad opporsi al progetto: «distante dal centro, zona degradata e troppo riduttivo rispetto all’idea originaria».

Gli attacchi. Dall’esterno arrivano le bordate. In questa infatuazione del presidente Poggiu verso l’ex semolerie, molti ci sentono puzza di operazione immobiliare preconfezionata: un assist per l’ex direttore dell’Aou Gianni Cavalieri, sempre sponsorizzato da Nanni Campus, in rapporti con il costruttore Nicolino Brotzu che con l’Università aveva già chiuso l’affare Cortesantamaria. Poggiu sorride: «Ai Molini Azzena ci siamo arrivati dopo molte soluzioni scartate. Abbiamo firmato un preliminare di compravendita da 7 milioni blindato utile solo per vincolare le risorse in scadenza. Ma le clausole contrattuali sono queste: Cavalieri prende i soldi solo se il progetto passerà in Comune e in Regione. Altrimenti non si fa niente».

L’appalto. Se tutto filerà liscio verrà bandita una gara d’appalto pubblica, e chi se l’aggiudica potrà contare sugli altri 33 milioni di euro per la realizzazione del campus. Ma il progetto deve passare attraverso il Consiglio comunale, dove la maggioranza e lo stesso sindaco non sono particolarmente entusiasti. Diversi esponenti del Pd e di Sel criticano la posizione periferica del villaggio studenti, e preferirebbero delle residenze diffuse nella città, con riqualificazione di edifici del centro storico, come appunto il Turritania. Ganau e altri politici sostengono che i 20 milioni di euro dei fondi Fas destinati al campus possano essere rimodulati e dirottati per altre opere (come è accaduto per i Pit); Poggiu assicura che l’operazione è assolutamente impraticabile. «O campus o niente», ribadisce.

Gli intoppi. Ma gli occorre il benestare del Comune per due richieste: la prima è una variante urbanistica al vecchio Piano regolatore ancora vigente in assenza di Puc approvato in Regione. Il Prg classifica le semolerie Azzena come area industriale (D1), mentre per un campus la destinazione d’uso dovrebbe essere diversa. Quella prevista nella scheda norma del nuovo Puc sarebbe perfetta: ci sono i caseggiati con più di 70 anni sui quali intervenire con un restauro conservativo, ma ci sono anche le strutture più recenti da demolire e ricostruire. E lì i posti letto si potrebbero ricavare facilmente. Quindi l’Ersu chiederebbe al Comune solo di confermare nel Prg il contenuto della scheda norma del Puc. E poi un’altra richiesta: un tunnel ciclabile e pedonabile parallelo all’attuale cavalcavia, da realizzare in una striscia di terreno non vincolato. «Non vedo un solo motivo perché l’Università o la politica debbano bocciare il progetto. Dicono che sia troppo faraonico. Ma io sulle loro cose non ho messo bocca, avrei potuto parlare dell’Orto Botanico per il quale mancano ancora 30 milioni, o dell’Auditorium del quale non si sa che fare. Il centro storico è degradato e pericoloso e i ragazzi non ci vogliono andare. Che provino a chiedere davvero agli studenti cosa pensano di un campus per Sassari».

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