La Nuova Sardegna

Sassari

Piano casa, respinto il 35% delle pratiche

di Paoletta Farina
Piano casa, respinto il 35% delle pratiche

Relazione del dirigente degli uffici tecnici dopo le proteste. Ci sarà un incontro con gli Ordini professionali

19 giugno 2013
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SASSARI. Alla fine almeno una cosa è chiara. Il 35 per cento delle richieste di applicazione del piano casa è stato respinto dagli uffici del settore Urbanistica ed edilizia privata. Una cifra di certo ragguardevole e che spiega il malumore esistente tra progettisti e privati. Il dato è stato fornito ieri in commissione urbanistica dall'assessore Gianni Carbini. A lui il nuovo dirigente ad interim del settore, Gianni Agatau, ha fornito in merito una dettagliata relazione, in risposta all'interrogazione presentata da 150 cittadini, quasi tutti, ovviamente, architetti, ingegneri e geometri oltre a tanti privati. È la prima volta che viene utilizzato lo strumento dell'interrogazione da parte dei cittadini, previsto dallo statuto comunale. Uno strumento anche di democrazia, visto che gli utenti dei servizi comunali hanno il diritto di sapere perché la macchina burocratica non funziona e chiedere correttivi. A distanza di due mesi da quella richiesta-appello al sindaco perché provvedesse a eliminare le difficoltà esistenti, ieri la commissione consiliare presieduta da Giampaolo Mameli ha affrontato l'argomento. Che tiene banco negli studi professionali. La crisi continua a mordere, i soldi sono pochi, l'edilizia langue e il Piano casa rappresenta uno sfogo per tutti: progettisti e imprenditori, che abbandonati sogni di grandi investimenti edilizi, si accontentano di piccoli interventi quali quelli concessi dal piano introdotto dal governo Berlusconi. E si parla di piccoli interventi perché più del 20 per cento (il 30 con il risparmio energetico) non si può ampliare.

Sta di fatto che a sentire le lamentele anche quel poco, nel capoluogo diventa quasi impossibile. I tecnici parlavano di un 50 per cento di bocciature delle pratiche, e soprattutto puntavano il dito sulla incongruenza dei pareri, sulle difficoltà ad ottenere risposte univoche da impiegati dello stesso ufficio, ma anche di non poter integrare la documentazione allorché ritenuta incompleta. Insomma, quella che si chiama distanza tra gli utenti e lo Stato. Gli uffici comunali però si assolvono. Se la richiesta viene ritenuta irricevibile o viene respinta, non è per le bizze del funzionario incaricato. Sia le pratiche per la Duaap (dichiarazione unica attività produttive) sia quelle per la Dia (dichiarazione inizio attività) vengono presentate telematicamente e se le caselle non vengono riempite nella maniera giusta la irricevibilità è assicurata: l’ufficio non ha alcun margine di discrezionalità quando ci sono, testuale, «carenze documentali assolutamente non sanabili attraverso l’integrazione». Quanto ai diversi pareri negativi collezionati da una stessa richiesta «da un’analisi a campione è emerso che nel ripresentare le pratiche spesso il contenuto e le soluzioni progettuali risultavano diverse». E così si è ripartito con nuove verifiche. E poi il Puc e il Pai hanno costituito ulteriori intoppi. Diversi commissari hanno chiesto che comunque si venga incontro ai cittadini anche ampliando l’attività di sportello dell’ufficio. Uno spiraglio intanto si è aperto. Il dirigente ha annunciato che promuoverà incontri con gli ordini professionali per poter meglio chiarire gli «aspetti spesso contradditori della materia derivanti da un quadro normativo complesso». La commissione sarà riconvocata martedì prossimo, per sentire i rappresentanti dei professionisti e lo stesso Agatau.

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