La Nuova Sardegna

Sassari

Malati di Aids in spiaggia per trasmettere normalità

di Gianni Bazzoni
Malati di Aids in spiaggia per trasmettere normalità

Sedie a rotelle in riva per ballare insieme ai bagnanti sulle note di I gotta feeling Gli ospiti della Casa famiglia hanno preparato l’iniziativa in un mese di prove - VIDEO

07 agosto 2013
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SASSARI. Felici di esserci. Di mettere un sorriso al posto della sofferenza che è pane quotidiano di una malattia che ti resta attaccata addosso e, ogni momento, ti ricorda che nella tua vita hai sbagliato qualcosa. Bisogna avere coraggio, ironia e intelligenza per mettersi in gioco. Così, se anche sei malato di Aids, ti piazzi alle 11,30 del mattino nella spiaggia di Platamona, alla Rotonda, affollata da migliaia di persone e urli la normalità di chi non ha nessuna intenzione di nascondersi.

I ragazzi (li chiamano così anche se hanno 50 e anche più di 70 anni) sono scesi silenziosi lungo la passerella per i disabili, come se fossero degli artisti pronti per lo spettacolo. In realtà nessuno sapeva che cosa sarebbe accaduto di lì a poco, non si poteva immaginare che la storica spiaggia dei sassaresi avrebbe cominciato a ballare insieme agli ospiti della Casa famiglia per malati di Aids fondata nel 1995 da padre Salvatore Morittu. Il frate francescano, figura simbolo della lotta alla droga, che in Sardegna ha creato dal nulla le comunità di Mondo X a San Mauro, S’Apru e Campu e Luas, è comparso sotto gli ombrelloni proprio mentre due casse acustiche tirate su dai volontari cominciavano a diffondere le note della canzone «I gotta feeling» dei Black Eyed Peas. Più giù, Paolo Manconi, maglietta bianca e cappellino arancione, braccia alzate. L’operatore della Casa famiglia - che ha curato la coreografia - ha dato il via. E i ragazzi sulla carrozzina hanno seguito i movimenti. La spiaggia ha reagito con stupore, poi con curiosità, quindi si è lasciata coinvolgere. Prima un cenno con la mano, poi i saltelli, fino alla danza partecipata. Cinque minuti e missione compiuta. Applauso finale, da una parte all’altra della Rotonda. Fischi di approvazione e la richiesta di un bis che non c’è stato. Perchè non era uno spettacolo. Solo una semplice testimonianza di normalità.

«D’estate succede che chi soffre per la malattia si trova più solo – dice padre Salvatore Morittu – e noi dobbiamo conbattere contro luoghi comuni, come quello della diversità che porta a nascondersi, a stare lontani. Invece oggi abbiamo portato la normalità in mezzo agli altri».

Soddisfatto Paolo Manconi, che da poco ha pubblicato un libro autobiografico «Io che non sono nessuno»: «Abbiamo trasmesso un messaggio straordinario – dice – e cioè che i nostri ragazzi ci sono, ci vogliono essere per dimostrare che non sono finiti. Che non sono dei disabili che devono essere assistiti ma che si vogliono impossessare della loro autonomia. Con poche cose, abbiamo fatto dei movimenti . Io con loro ho lavorato solo un mese, ma oggi sono felice di avere realizzato questa iniziativa». Così una mattina al mare diventa occasione per comunicare, un messaggio che non lascia dubbi, senza comparse ma con protagonisti che ci mettono la faccia, che non hanno nessuna intenzione di nascondersi. Ora che l’Aids fa meno paura - perchè la medicina raggiunge mete che sembravano impossibili - questi ragazzi non li guardi più come un residuo di vita – come dice padre Morittu – ma come un giardino. «E allora il loro sorriso è più di una speranza anche per gli altri».

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