La Nuova Sardegna

Sassari

Istituto alberghiero

La Sassari degli orti rivive in una ricerca

di Antonio Meloni

SASSARI. Borghese e contadina, austera e cionfraiola. Due componenti, due anime che da sempre caratterizzano Sassari e tracciano una ideale linea di demarcazione che distingue, anche culturalmente,...

10 febbraio 2014
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SASSARI. Borghese e contadina, austera e cionfraiola. Due componenti, due anime che da sempre caratterizzano Sassari e tracciano una ideale linea di demarcazione che distingue, anche culturalmente, la parte urbana da quella rurale. Differenze che in passato spiccavano non solo negli aspetti esteriori, ma anche a tavola dove le pietanze erano sostanzialmente diverse. Più elaborate e ricche le une, meno strutturate e più semplici le altre, ma entrambe realizzate con materie prime di qualità che arrivavano direttamente dagli orti coltivati nelle immense campagne che a perdita d’occhio si estendevano attorno alla città vecchia.

Sono solo i contorni di una vivida immagine del tempo che fu, ricostruita nel volume “Storia, lavoro agricolo e cultura alimentare nella Sassari del primo 900”, pubblicato da Edes, presentato ieri, nell’aula magna dell’istituto alberghiero, da tre insegnanti: Susanna Loche, Lorenza Masala e Anna Maria Lamberti. Per un anno intero hanno guidato i ragazzi di tre quinte (due dell’alberghiero, una dell’agrario) in una ricerca meticolosa e appassionata.

Ore trascorse nelle sale dell’archivio storico del Comune e in biblioteca per raccogliere con pazienza una ricca messe di informazioni rielaborate in classe e arricchite dalla testimonianza di alcuni anziani che hanno rievocato fatti e personaggi di un periodo travagliato.

Siamo negli anni che precedono e seguono lo scoppio della prima Guerra mondiale e l’economia è ancora a marcata impronta agro-pastorale. Anni difficili per la gente umile che abita nei vicoli stretti e tortuosi del centro storico, specie nella parte adiacente piazza Tola e che corrisponde più o meno alla tradizionale ripartizione in rioni: San Donato, Sant’Apollinare, San Sisto e Santa Elisabetta.

La borghesia cittadina si è appena trasferita nei nuovi quartieri residenziali appena sorti, soprattutto a Cappuccini e Porcellana. Le coltivazioni orticole sono ancora fonte primaria di sostentamento dal punto di vista economico, ma la nascente industria comincia a sottrarre terreno e mano d’opera avviando quella lenta rivoluzione che nel breve volgere di pochi decenni darà un volto nuovo alla città. Un’immagine significativa, pubblicata nel volume, rende l’idea di come dalla fine degli anni Cinquanta del Novecento, gli orti vengano fagocitati dalla graduale urbanizzazione legata all’espansione industriale tanto da ridurne drasticamente la superficIe e con essa quel patrimonio di arti e mestieri che costituivano il tessuto produttivo di allora. Oggi, mentre si assiste a una vera e propria controtendenza in cui l’agricoltura si impone come nuovo modello di sviluppo, lo studio realizzato dai ragazzi dell’Alberghiero e dell’Agrario ha il sapore dell’invito a un ritorno alla terra, ai mestieri che hanno fatto grande la nostra cultura e la nostra economia. Invito che il dirigente, Roberto Cesaraccio, ha fatto proprio durante l’apertura della mattinata: «L’enogastronomia e la riscoperta della tradizione alimentare possono essere motivo di rilancio economico del territorio».

La presentazione del volume, animata da diversi interventi, è stata cadenzata dall’accompagnamento musicale di Fabrizio Casu, Simone Faedda e Giuseppe Pintus che hanno riproposto brani del repertorio tradizionale sassarese reinterpretando anche pezzi del compianto Ginetto Ruzzetta. La bella iniziativa, che conclude un percorso di ricerca impegnativo, si è chiusa con un rinfresco allestito nelle sale della scuola di via Cedrino.

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