La Nuova Sardegna

Sassari

processo omicidio di buddusò

«Ho chiuso gli occhi, mi sono finto morto»

«Ho chiuso gli occhi, mi sono finto morto»

SASSARI. Quando vedi la morte in faccia, l’istinto ti dice di abbassare lo sguardo o, ancora, di chiudere gli occhi. Così ha fatto Gian Marco Bacciu, che quella mattina del 29 aprile del 2011 aveva...

04 marzo 2014
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SASSARI. Quando vedi la morte in faccia, l’istinto ti dice di abbassare lo sguardo o, ancora, di chiudere gli occhi. Così ha fatto Gian Marco Bacciu, che quella mattina del 29 aprile del 2011 aveva solo 19 anni. Se ora si trova davanti ai giudici della corte d’Assise a raccontare quel giorno, forse è solo per miracolo.

Era seduto nel sedile posteriore del pick-ip, accanto allo zio Battista. Davanti c’erano i due fratelli Antonio, alla guida, e Angelo. Era l’alba e per loro cominciava la giornata di lavoro nell’ovile di Biderosu, nelle campagne di Buddusò. «Antonio ha fermato l’auto a un paio di metri dal cancello, vicino c’era un muretto. Io ho sentito gli spari e i pallettoni che sfondavano il parabrezza. Mi sono abbassato d’istinto, ho chiuso gli occhi». Antonio viene centrato, Angelo riesce a ripararsi sotto il cruscotto. «Ho sentito mio zio che si accasciava sopra di me, anche lui era stato colpito. Allora sono rimasto immobile e mi sono finto morto». Invece Angelo, quando capisce che i killer si avvicinano per controllare la mattanza e assestare i colpi di grazia, apre di scatto lo sportello e fugge a pardifiato verso le campagne. Uno dei banditi gli spara, lo ferisce al braccio e lo insegue senza però raggiungerlo. Ma succede una cosa strana, e a volte sono propri i minuscoli episodi che valgono una vita. I proiettili fanno inceppare il clacson, e l’auto continua a urlare nel silenzio. Un uomo incapucciato tenta di spegnere quel suono assordante. Gian Marco è ancora sdraiato nel sedile, resta perfettamente immobile, il cuore a mille e il respiro come un soffio impercettibile. Gli avvocati della difesa Secci, Mastraendrea, Benenati e Luiu, così come il pm Scalas o gli altri avvocati di parte civile Soro e Ramazzotti vorrebbero avere dei dettagli sull’identità del killer. Ma davanti alla morte si sta impietriti e con gli occhi chiusi. L’unica cosa che Gian Marco Bacciu ricorda è questa: «Ho sentito che ansimava, aveva il fiatone. E poi, quando non è riuscito a spegnere il clacson, ha detto qualcosa come ajò, ma non sono sicuro. Poi dopo alcuni minuti che potevano anche essere un’eternità, sono uscito dall’auto. Ho sentito il rumore di una vettura che si allontanava. Poteva essere un Daily». (lu.so.)

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