La Nuova Sardegna

Sassari

La Cgil: «La Cobec finirà in Procura»

La Cgil: «La Cobec finirà in Procura»

Pronto un esposto contro Rinaldo Carta: «Chiedere di lavorare gratis è una istigazione a prestare servizi in nero»

21 marzo 2014
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SASSARI. I sindacati sanno perfettamente che il caso Cobec potrebbe aprire una falla difficilmente tamponabile nelle relazioni con i lavoratori. Per questo non solo non cedono di un millimetro, ma anzi contraccano.

La Cgil assume una posizione molto dura: «Le notizie secondo cui i dipendenti Cobec avrebbero già lavorato senza la corresponsione del salario rendono, pubblico un illecito che sarebbe molto grave – sottolinea il segretario territoriale Antonio Rudas – Illecito che, se appurato, andrebbe immediatamente perseguito. Infatti non solo saremmo in presenza di lavoro svolto in nero, (evasione contributiva e fiscale, mancata copertura assicurativa, ecc.), ma davanti agli estremi per ipotizzare la sussistenza all'istigazione a delinquere, reato perseguibile ai sensi dell'art. 414 del codice penale. Invitare le persone a non rispettare le leggi dello Stato è infatti un palese richiamo all'illegalità». Il sindacato non crede nello spontaneo appoggio dei lavoratori nei confronti della Cobec, e non crede nell’entusiastica accettazione degli accordi di prossimità. La prospettiva di cedere gratuitamente un’ora al giorno per il bene dell’azienda, per la Cgil è una beneficienza inaccettabile che trova le sue ragioni: «E' chiaro che i lavoratori siano condizionati e intimiditi dall'azienda che ha minacciato, con la scusa della crisi, l'intenzione di licenziare il personale. Raccoglieremo tutti gli elementi necessari per verificare l'avvio di un'azione forte anche di carattere legale. Tuttavia esistono già sufficienti ragioni per inoltrare un esposto alla Procura della Repubblica e attivare gli organi ispettivi del ministero del Lavoro, ai quali ci rivolgeremo immediatamente». Rudas poi è molto duro con la proprietà aziendale: «Se qualche bellicoso reazionario pensa di intimidire la Cgil, utilizzando la disperazione dei lavoratori si sbaglia di grosso. Di padroni delle ferriere nella nostra storia ne abbiamo conosciuti tanti, per cui informiamo gli eventuali nostalgici imitatori che possediamo gli anticorpi necessari per metabolizzare ben altri attacchi. Non siamo avvezzi a subire ricatti di nessun genere e quando si mettono in discussione le libertà costituzionali e i diritti delle persone siamo stati e sempre staremo in prima linea per difenderli. La democrazia e la convivenza civile non sono merce di scambio, non c'è crisi o ricatto occupazionale che tenga di fronte a questa inaudita mattanza dei diritti.

La Cisl, invece, entra più nel tecnico della vertenza. «Di fronte alla richiesta di applicazione degli accordi di prossimità – spiega il sindacato – siamo stati molto chiari. Abbiamo spiegato nel dettaglio che il Contratto nazionale prevede la possibilità di applicare un incremento del di ore lavoro da 40 a 58 per un periodo massimo di 24 settimane, e che il contratto di prossimità avrebbe potuto allargare questo periodo anche per tutto l’anno. Ma in nessun passaggio la legge prevede che lo stesso contratto possa consentire al datore di lavoro di non retribuire le ore eccedenti ai lavoratori in quanto non vi è solo un problema di retribuzione, ma soprattutto di contribuzione e di fiscalità che non può essere superato da alcun avvallo dei lavoratori». Ed ecco la soluzione proposta dalla Fisascat: «Si potrebbero inserire le ore in eccedenza in una banca ore e a fine anno ragionare sulla possibilità di poterle restituire ai lavoratori, se in riposi compensativi o se retribuirli. Insomma, una soluzione conforme alla legge e alle norme contrattuali, nell’interesse dei lavoratori e della stessa azienda. Gli attacchi nei nostri confronti – conclude la Cisl – sono pertanto totalmente fuori luogo. (lu.so.)

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