Il sussidio a singhiozzo, ecco l’odissea di Maria
I genitori di una ragazza gravemente disabile in guerra con la Asl per la legge 20 Il beneficio è stato accordato e negato più volte e in mezzo c’è tanta sofferenza
SASSARI. Il termine “odissea” sembrerebbe trito e ritrito ma mai come in questo caso dà l’idea della vicenda vissuta da una ragazza di 21 anni affetta da grave disabilità psicomotoria, e dai suoi genitori, in guerra da anni per ottenere un sussidio.
Al centro di una serie infinita di richieste, di certificati, di botta e risposta tra la famiglia e la direzione della Asl, di relazioni sanitarie che riempiono un dossier che fa girare la testa, c’è il dramma di persone sfortunate (e adesso molto arrabbiate) e una legge, la 20/97, che concede a chi ha avuto diagnosi di malattia psichiatrica o classificata come tale, un sussidio di 472 euro mensili. I genitori di Maria (è un nome di fantasia) tentano di raccontare la loro disavventura con l’aiuto delle carte che quasi li seppelliscono ma ciò che emerge è una storia fatta di incomprensioni, cavilli burocratici e passaggi poco chiari che rende insopportabile un’esistenza già di per sè difficile.
Nel 2010 i due genitori vengono a sapere che la sindrome di Angelman (su base genetica), di cui soffre Maria, nel suo caso presenta anche tratti di autismo, patologia per la quale interviene la legge 20. Si rivolgono dunque all’Uonpia, la struttura di neuropsichiatria infantile a cui hanno fatto riferimento da quando la figlia era piccola, per ottenere la compilazione di un modulo da presentare al Comune per accedere al beneficio. Il modulo viene compilato e da agosto Maria comincia a percepire il sussidio. A fine anno i due genitori si rivolgono a un avvocato per chiedere gli arretrati della legge 20 dal 2000 al 2010, viene attivata una mediazione che però ha esito negativo. Nel frattempo si arriva a gennaio del 2012 quando Maria raggiunge la maggiore età, viene dimessa dall’Uonpia (che è riservata ai minori) e le viene tolta l’indennità. Un nuovo certificato sui “tratti autistici” viene emesso dall’unità di Neurologia dell’Aou e a Maria vengono rimborsati i primi tre mesi del 2012 ma pare che la certificazione non sia valida quindi i benefici vengono di nuovo negati. I medici del Csm, struttura della Asl che nel frattempo l’ha presa in carico, interpellati, affermano che Maria non ha diritto al sussidio della legge 20. I due genitori quindi a luglio 2013 presentano ricorso alla Regione che riunisce appositamente una commissione, la quale conclude che Maria ha invece diritto ai sussidi della legge 20 e Cappellacci a gennaio 2014 firma un decreto con il quale si chiede che il suo caso venga rivalutato. I medici del Csm ribadiscono che Maria non rientra tra i casi che possono usufruire della legge 20 ma i due genitori vengono a sapere che altri ragazzi nella situazione di Maria percepiscono l’indennità. A maggio del 2014, quindi pochi giorni fa, la Neuropsichiatria Infantile dell’Aou compila il modulo che attesta il diritto di Maria al sussidio. «Che dire – si sfogano i due genitori che oggi sono assistiti dall’avvocato Alessandra Del Rio –. Noi andremo avanti in questa battaglia perché vogliamo giustizia e perché altre persone non si trovino in una situazione allucinante come questa». Le prossime tappe di questa storia sono la risposta del Comune al nuovo certificato e quella del tribunale sugli arretrati. In mezzo c’è la sofferenza di una famiglia che ogni giorno deve combattere per far valere i propri diritti.