La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, imprenditore sul lastrico si incatena davanti al tribunale

di Nadia Cossu
Sassari, imprenditore sul lastrico si incatena davanti al tribunale

Il re dei formaggi della Nurra protesta in via Roma: «Costretto a chiudere il caseificio per gli errori della giustizia»

22 luglio 2014
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SASSARI. Lentezze burocratiche, accanimenti gratuiti, «errori della giustizia» possono distruggere anche un sogno imprenditoriale di eccellenza diventato a un certo punto realtà e poi ridotto a brandelli dal 2002 a oggi.

Massimo Bo, sassarese di 51 anni, titolare del rinomato Caseificio della Nurra che si trova a Porto Torres, ieri mattina si è incatenato ai cancelli del palazzo di giustizia di via Roma e ha iniziato uno sciopero della fame e della sete a oltranza. La sua azienda al momento è chiusa, la produzione bloccata, fermi i suoi formaggi che nel 2011 hanno arricchito il buffet di Venaria Reale in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’unità d’Italia.

«Tutto comincia nel 2002 – racconta Bo – quando durante un’ispezione dell’Ispels nella mia azienda viene riscontrata l’alterazione del libretto di un macchinario che serve a produrre vapore per pastorizzare il latte. In sintesi l’impresa che me lo aveva venduto aveva modificato un codice, io ero ignaro di tutto fino a quel momento. A quel punto, come chiestomi dall’ispettore, riesco a farmi mandare il duplicato del libretto originale che mi consentirebbe di riaprire. Il 27 marzo del 2002 torna l’ispettore, verifica che è tutto a norma e quindi posso ripartire. Intanto, però, a quel punto avevo perso un anno di lavoro, la produzione ormai era saltata».

Massimo Bo fa causa – in sede penale e civile – all’impresa che gli aveva venduto il macchinario con certificato modificato. In ambito penale viene archiviato tutto «perché dicono che è civilmente rilevante. Dopo sei anni vado in Procura a protestare e il pm riscontra che in effetti l’alterazione di un documento è un reato penale ma ormai è tutto prescritto. In appello cassano la sentenza sostenendo che non avevo assunto personale. Non producevo, come potevo pagare i dipendenti? Ora siamo in Cassazione e vediamo come va». In sede civile invece cosa succede? «L’ispettore dell’Ispels sostiene davanti ai giudici di aver accertato la regolarità del nuovo certificato del macchinario a gennaio del 2010, in realtà era marzo. Due mesi che fanno una differenza sostanziale perché a marzo la mia produzione era ormai saltata. Ma quell’errore da parte del testimone mi è costato caro: per i giudici non ho ragione e quindi non vado risarcito».

La disavventura non finisce qui. «Poco tempo dopo viene accertato l’inquinamento dell’acqua a Porto Torres, chiuso ancora una volta. Faccio causa contro il Consorzio Asi, la Procura archivia di nuovo. L’attività rimane ferma un altro anno e perdo l’ennesima produzione. Poi come se non bastasse anche la Asl mi costringe a chiudere affermando che c’era della muffa sui muri. Assolutamente falso, oltretutto tre mesi prima della loro ispezione era stato fatto un intervento di disinfestazione ad hoc».

La situazione al momento è questa: il caseificio è chiuso da novembre, «non ho più un centesimo e non posso accedere a finanziamenti, le banche hanno cancellato il mutuo e il fabbricato è stato pignorato. Con i miei prodotti apprezzati ovunque ho dato lustro a questa terra che amo ma, a parte il prefetto di Sassari, non trovo nessuno che mi dia una mano».

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