La Nuova Sardegna

Sassari

MEMENTO Il ricordo del ciclone del 7 ottobre 1932 che devastò la città

di Alessandro Ponzeletti
MEMENTO Il ricordo del ciclone del 7 ottobre 1932 che devastò la città

L’uragano si abbattè dopo un’alternanza di estremi climatici, caldo afoso e freddo pungente: durò mezz’ora ma i danni furono ingenti e l’energia elettrica fu ripristinata dopo 36 ore

05 ottobre 2014
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Il quotidiano L'Isola la mattina dell'8 ottobre 1932 uscì col titolo in prima pagina “Un tremendo uragano si abbatte su Sassari provocando enormi danni nella città e nelle campagne”. Innanzitutto veniva fatto presente come nei giorni precedenti vi era stata un'alternanza di estremi climatici, caldo afoso e freddo pungente, quindi nei tre giorni precedenti il 7 ottobre si erano avuti dei forti temporali con numerosissimi fulmini e tuoni, arrecando danni a fabbricati e coltivazioni, infine ecco arrivare l'uragano, sulla città e i villaggi vicini, con un cupo brontolio continuo di tuoni iniziato alle 15.30, in concomitanza con il rabbuiarsi del cielo, piombato da cupe nuvole compatte.

Il disastro ebbe inizio alle 16, quando pioggia e vento fortissimi investirono tutto e tutti insieme a un'infinità di lampi e tuoni nonché scariche violente di grandine grossa che frantumò in molti casi vetri di finestre o tegole.

Il fortunale durò per mezz'ora, fino alle 16.30. I danni furono elevatissimi: alberi sradicati in piazza Castello, a Santa Maria e ai Giardini Pubblici nonché in altre vie e nei giardini privati, vetri frantumati e tetti scoperchiati, cornicioni crollati (si contarono tre feriti per fortuna non gravi, colpiti dai calcinacci), allagamenti di cantine e sottani, energia elettrica saltata e ripristinata a stento circa 36 ore dopo in tutta la città e parimenti assenza delle linee telefoniche, strade interrotte così come la ferrovia.

Vittima illustre fu la chiesa di San Francesco dei Cappuccini, lesionata nella facciata, scoperchiata di parte del tetto (foto, com’era ante restauro), così come il Palazzo delle Poste e la torre del carcere di San Sebastiano.

Infine si annotava di un operaio, a Campomela, rifugiatosi in baracca: il vento strappò il tetto e l'uomo fu ritrovato salvo ma in stato confusionale (il cronista lo definiva “impazzito”). Oggi di uragani, con danni e purtroppo anche vittime, ne abbiamo ahimè quasi uno all’anno e rischiano di divenire “abitudine”.

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