La Nuova Sardegna

Sassari

Sorso, appalto rifiuti Il Consiglio di Stato rigetta il ricorso

di Salvatore Santoni
Sorso, appalto rifiuti Il Consiglio di Stato rigetta il ricorso

Una ditta contestava l’affidamento diretto del servizio Il Tar aveva condannato il Comune, ora sentenza ribaltata

26 novembre 2014
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SORSO. Nel 2003 avevano avuto ragione di fronte al Tribunale amministrativo regionale e oggi, a distanza di oltre 10 anni, il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza di primo grado stabilendo che il loro ricorso era inammissibile.

È quello che è accaduto agli amministratori della ditta Giovanni Muresu, che dal 1990 al gennaio 2003 gestì il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani del Comune di Sorso. Quando, nel 2002, l’amministrazione comunale decise di affidare il servizio alla società mista Sorso Servizi Srl - sottraendolo a Muresu - scoppiò un putiferio. Muresu impugnò l’assegnazione diretta - perfezionata con la delibera consiliare 90/2002 - ottenendone l’annullamento di fronte al Tar.

Oggi il Consiglio di Stato ribalta la sentenza del Tar del 2003 dando ragione al Comune. Nel frattempo, entrambe le ditte sono però sparite dal mercato da anni.

La storia. Secondo i giudici di prima istanza – quelli del Tar, che si sono espressi nel 2003 – il nodo della questione era stata l’assegnazione diretta votata dal Consiglio comunale di Sorso (all’epoca dei fatti la città era governata dal centro destra del sindaco Mino Roggio). «La lesione deriva unicamente dalla delibera consiliare, con la quale il Comune di Sorso, in violazione delle regole di imparzialità e libera concorrenza, ha proceduto all’affidamento diretto del servizio in favore della società controinteressata (Sorso Servizi, ndc)», si legge nella sentenza del Tar 1213/2003. In sintesi, circa 10 anni fa, il Comune di Sorso ha ritenuto – sbagliando, scrissero i giudici – che il servizio di raccolta dei rifiuti fosse privo di rilevanza industriale e che quindi potesse procedere ad assegnarlo in modo diretto, senza avviare una gara aperta a tutti.

Oggi. Il Consiglio di Stato, tralasciando il merito della questione, e quindi non necessariemente rigettando tutte le considerazioni specifiche espresse dal Tar, si è limitato a stroncare il ricorso alla fonte. Vale a dire che, constatando semplicemente che la ditta Muresu, in quanto ditta individuale, nel 2003 non avrebbe avuto neanche il diritto di presentare ricorso.

«Essa non aveva, pertanto, alcun interesse qualificato, differenziato, attuale e non meramente ipotetico, che potesse legittimarla a contestare i provvedimenti impugnati», sottolineano i giudici del Consiglio di Stato nella sentenza 5744 del 21 novembre 2014. Inoltre, il collegio formato dal presidente Mario Luigi Torsello e dai consiglieri Carlo Saltelli, Paolo Giovanni Nicolò Lotti, Doris Durante e Antonio Bianchi, precisa che anche nel caso in cui il Comune avesse bandito una gara pubblica, la stessa ditta Muresu non si sarebbe potuta presentare per la natura giuridica della compagine, poiché «la ditta Muresu, ricorrente in primo grado, non era una società di capitali e nessun vantaggio avrebbe conseguito dall’annullamento dell’atto impugnato, in considerazione della sua natura giuridica di ditta individuale».

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