La Nuova Sardegna

Sassari

Col Puc i progetti turistici si arenano

di Luigi Soriga
Col Puc i progetti turistici si arenano

I bandi per le zone F sono lunghi e farraginosi, per Platamona c’è un mega ecovillaggio fermo sulla carta da 10 anni

03 giugno 2015
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SASSARI. Lo sviluppo turistico, nel Sassarese, ha una palla al piede che si chiama Puc. Dare gambe ad eventuali investimenti, con un Piano che concepisce le zone F in maniera del tutto evanescente, diventa difficile. Anche se un litorale come quello di Platamona sprofonda sempre più nell’abbandono e nel degrado, l’incentivo a migliorare le cose è pari a zero. La prima considerazione da fare è questa: mediamente un progetto è rimasto sulla carta da dieci anni in attesa di approvazione del nuovo strumento urbanistico. E ora che il Puc è operativo, impone sul versante costiero una serie di procedure lunghe e incerte, che farebbero tramontare ogni entusiasmo anche sul più ottimistico degli imprenditori.

L’iter dei bandi ha tutta l’aria di essere un passaggio burocratico stiracchiato ed estenuante, e lo stesso assessorato all’Urbanistica non è affatto convinto della sua efficacia. Vorrebbe metterci mano al più presto per rendere più snella la procedura. Il fatto è semplice: un progetto non può rimanere in freezer per un anno, in attesa dell’espletazione della gara e del successivo passaggio in Consiglio per l’approvazione di una variante urbanistica. Un investitore che ha terreni da valorizzare e soldi da far girare sul mercato aspetta qualche mese, dopodiché spende le sue risorse dove ha più certezze e tempi di risposta più celeri.

Il primo confronto tra l’amministrazione comunale e un iprenditore turistico c’è stato qualche giorno fa. Luca Pintus e il suo Ecovillaggio di Platamona sono vecchie conoscenze di Palazzo Ducale. Tre chilometri scarsi dalla Rotonda, vicino allo stagno, lungo l’asse che dalla strada statale 131 viaggia verso il mare l’ecovillaggio potrebbe dare una prospettiva di rilancio costiera. Luca Pintus è da dieci anni che marca strettissimo ogni assessore all’Urbanistica nel tentativo di ottenere la famigerata concessione. Prima l’ostacolo insormontabile era la mancata approvazione del Puc; ora invece che il Piano c’è, il problema diventano i bandi per le zone F.

Vediamo perché. La premessa è che non esistono zone turistiche pronte all’uso, ma ci sono solo aree agricole da trasformare con altra destinazione d’uso. Ma questo passaggio non è così naturale e automatico: «Dal confronto con gli uffici – spiega Luca Pintus – è emerso che le varianti fatte tramite bando sono tecnicamente complesse: verrebbe anche male obbligare i consiglieri comunali a votare favorevolmente una variante per il vincitore del bando. Potrebbero anche non essere favorevoli e non gli si può puntare la pistola». Quello che Luca Pintus chiede è la possibilità di bypassare le lungaggini e le incognite dei bandi pubblici, per ottenere la trasformazione da agricolo in g1.6 (zone a destinazione turistica) attraverso la procedura di interesse pubblico. «Il problema è che il dirigente comunale – prosegue Pintus – non si prende la responsabilità di firmare l’atto perché non spetta a lui la valutazione dell’esistenza di un interesse pubblico. Ora io mi chiedo: 20 ettari di parchi aperti a tutti sono di interesse pubblico? 250 nuovi posti di lavoro sono di interesse pubblico? Per non parlare dell’indotto complessivo: porteremmo 1000 turisti ogni giorno nel centro di Sassari».

Ma per l’assessore Marras e il suo staff non è facile modificare o andare contro le prescrizioi contenute nelle norme tecniche di attuazione di un Piano Urbanistico appena approvato. «Bisogna andarci molto cauti – spiega Marras – mettere mano al Puc comporta comunque procedure lunghe. E prima di concedere una variante urbanistica per pubblica utilità il Comune avrebbe bisogno di garanzie ferree sull’effettiva possibilità di realizzazione del progetto. Ci servono fideiussioni e copertura bancaria. Oltretutto se si dà un’occhiata alle cubature previste dal Puc nel comparto di Platamona attraverso le F4 a bando, è palese una coincidenza: ci sono 88mila metri cubi di edificato, la stessa identica volumetria richiesta per l’Ecovillaggio. Significa che i pianificatori avevano già previsto questa ipotesi, e azzerare tutto il lavoro pregresso e approvato dalla Regione non è così automatico ».

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