Un “motel” dell’antica Roma
Siligo, hanno riservato nuove sorprese gli scavi a Mesumundu condotti dall’Università di Sassari
SILIGO. Stanno terminando i lavori della quinta edizione della Scuola Estiva di Archeologia Medievale, organizzata dal Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università di Sassari e dal Comune di Siligo nell’area del complesso di Mesumundu, sotto la direzione del professor Marco Milanese, direttore del Dipartimento organizzatore e ordinario di Archeologia Medievale presso l’Università di Sassari.
Hanno partecipato alla campagna di scavo circa cinquanta fra studenti, laureati, dottorandi e dottori di ricerca in archeologia di dodici università italiane e straniere (Sassari, Pisa, Napoli L’Orientale, Bologna, Barcellona, Madrid, Santiago, Aarhus, Sheffield, Leiden, Salonicco, Poznan).
«Le novità emerse dalla nuova campagna di scavo sono davvero rilevanti – ha affermato il direttore degli scavi di Mesumundu, Marco Milanese –. Un dato nuovo che spicca tra i risultati della campagna di scavo è quello della individuazione di una nuova e finora sconosciuta fase insediativa tardo antica, collocabile tra l’abbandono delle terme romane e la costruzione della chiesa. A questa nuova fase del sito di Mesumundu sembrano riferibili un pozzo, un lungo ambiente nei pressi della chiesa e i resti di uno sconosciuto edificio tardo-antico, con due fasi pavimentali in cocciopesto, identificato in un’area limitrofa, ma non in immediata contiguità con la chiesa bizantina. Potrebbe trattarsi dei resti di un modesto edificio paleocristiano, in relazione al quale sono state rinvenute numerose sepolture (alcune decine di individui), forse da riferire ad una piccola comunità rurale residente nella zona e che probabilmente coltivava terreni agricoli, che sono stati identificati in una delle aree di scavo».
Milanese ha concluso il suo intervento circa il sito di Mesumundu: «In età imperiale romana esisteva non tanto in un vero e proprio abitato, ma ad un luogo di sosta attrezzato lungo la strada romana, che possiamo immaginare non molto diverso dai moderni “motel”, dove i viaggiatori potevano sostare, riposarsi e concedersi un momento di relax nel piccolo stabilimento termale. Esso subì diverse fasi di ristrutturazione e fu probabilmente abbandonato – alla luce dei dati della nuova campagna di scavo – nella seconda metà del IV secolo, quando i vani del complesso romano furono trasformati in discarica e l’intonaco iniziò a crollare dalle pareti laterizie. In età bizantina, alla fine del VI secolo, le strutture romane e anche quelle (appena rinvenute) che gettano luce su una sconosciuta fase insediativa fra il V e il VI secolo, furono rase al suolo e i materiali da costruzione vennero riutilizzati per la costruzione di una piccola chiesa voluta dalla nuova aristocrazia bizantina, attorno all’epoca del papato di Gregorio Magno, che nelle sue lettere scritte nel 594 descriveva la difficile opera di cristianizzazione della campagne della Sardegna».