La Nuova Sardegna

Sassari

il caso

Ai domiciliari doma cavallo e torna in carcere

I legali: era in cortile, non è un reato. Il tribunale della libertà revoca l’ordinanza del gip

01 ottobre 2015
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SASSARI. Non poteva parlare con persone che stavano all’esterno, né oltrepassare il cancello di casa «ma in nessuna parte del codice c’è scritto che un detenuto ai domiciliari non può accudire un cavallo». Eppure, proprio perché scoperto dai carabinieri mentre si prendeva cura di una cavalla in cortile, un detenuto ventottenne di Ottana è stato rispedito in carcere dal gip del tribunale di Nuoro Mauro Pusceddu su richiesta del sostituto procuratore Andrea Schirra. Gli avvocati del giovane, Rinaldo Lai e Antonio Secci, si sono rivolti al tribunale della libertà di Sassari e ieri mattina il collegio presieduto dal giudice Salvatore Marinaro (a latere Maria Teresa Lupinu) ha revocato l’ordinanza di custodia in carcere e ha rimandato il detenuto ai domiciliari. Il gip, ricostruendo i fatti, sosteneva che il giovane avesse «violato le prescrizioni in modo sfacciato, ripetuto e per niente tranquillizzante». E in particolare faceva riferimento a episodi precedenti, di luglio per la precisione. «Egli – è scritto nell’ordinanza – sul presupposto che avesse un giardino nella sua abitazione è stato autorizzato a frequentarlo (...) Ma non è stato certamente autorizzato a ricevere terzi gravati da pendenze penali che gli consegnano cavalli da domare in quello che evidentemente non era un piccolo giardino; né a chiacchierare e bere allegramente con terzi non autorizzati in giardino; ancora una volta a domare la medesima cavalla il 14 luglio (...)». Il gip sosteneva in sintesi che quel detenuto non avesse «alcuna autoresponsabilità e ha violato in modo ripetuto e frequente la misura: per controllarlo, come sarebbe necessario, i carabinieri dovrebbero trasferirsi a casa sua».

Ma accudire un cavallo, secondo i legali Lai e Secci non giustifica affatto l’aggravamento della misura: «Dov’è la violazione? – hanno sostenuto davanti al tribunale della libertà – il codice non dice che prendersi cura di un cavallo, per giunta per poter campare, è un reato. Quell’animale era lì come poteva esserci un cane o un gatto. Il detenuto era autorizzato a stare nel cortile di casa e quello ha fatto. Oppure è vietato parlare anche con i cavalli?». Il tribunale ha accolto la loro tesi. (na.co.)

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