La Nuova Sardegna

Sassari

Adesso i profughi chiedono l’elemosina nelle vie del centro

Adesso i profughi chiedono l’elemosina nelle vie del centro

Spaesati e timidi sperano di raggranellare qualche spicciolo «Non abbiamo soldi a sufficienza, perciò chiediamo aiuto»

11 ottobre 2015
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SASSARI. Ormai stanno diventando una presenza fissa nelle strade del centro. Da viale Italia fino a via Roma ogni giorno è una processione. Camminano un po’ spaesati, poi si avvicinano alla gente e, sussurrando timidamente qualche parola, tendono la mano per chiedere l’elemosina. Occhi bassi, quasi si vergognino.

Sono i profughi alloggiati nelle strutture di accoglienza che, nelle vie del commercio, cercano di raggranellare qualche spicciolo per le loro esigenze quotidiane. «I soldi sono pochi – dice in un italiano stentato un giovane del Ghana che è seduto in via Porcellana, vicino al Policlinico sassarese –, non bastano per la ricarica». Il riferimento è al telefono cellulare, diventato il cordone ombelicale che permette ai migranti di stare in contatto con la loro patria e i loro familiari.

Un altro ragazzo del Ghana, che fa base in via Rolando, allunga la mano, senza nemmeno parlare. La stragrande maggioranza non conosce la nostra lingua, riesce a mettere insieme poche frasi. Più facile avere un dialogo in francese o in inglese. Il giovane racconta di stare in un «big hotel», ma se gli chiedi quale è non sa nemmeno rispondere.

Non sono invadenti, nemmeno insistenti, almeno la maggior parte. Si vede che non sono abituati a chiedere la carità, che sono impacciati. Ti guardano e sul viso di molti leggi tristezza e pudore. Sono tutti vestiti dignitosamente, puliti. Ma tutti ugualmente si lamentano di non avere denaro a sufficienza, di annoiarsi a stare tutto il giorno senza far niente. E perciò stanno chiedendo aiuto ai cittadini, sperando nella loro solidarietà, e riversandosi nelle strade.

La generosità nei loro confronti non manca, anche se nel frattempo crescono gli interrogativi tra i passanti che quotidianamente si ritrovano davanti alle disperate richieste di aiuto dei migranti. «Diamo loro la giusta accoglienza – riflette un signore che ha appena dato qualche euro a uno di loro –? Questi giovani si ritrovano in una terra straniera senza un lavoro, privati degli affetti, con un futuro incerto. A volte ospiti non graditi. Io, mi sento impotente di fronte alla loro tragedia. Non posso aiutare economicamente tutti, ogni giorno quando vado e torno dal lavoro trovo lungo il tragitto almeno una decina di migranti. E tutti mi rivolgono sempre la stessa richiesta».

Intanto si sta anche aprendo un problema di sicurezza per le decine di ospiti dei centri di accoglienza, tutti situati in periferia. Il percorso per raggiungere la loro “casa” provvisoria è pericoloso e pieno di insidie, visto che tutti lo fanno a piedi. Soprattutto durante la notte, quando ritornano verso Predda Niedda da Sassari, nell’ex tribunale dei minorenni, oppure si dirigono verso Bancali e Li Lioni, nella superstrada: perché sono costretti a passare in tratti non sufficientemente illuminati e privi di marciapiedi.

Per gli automobilisti, proprio a causa della mancanza di illuminazione, è difficile individuare un pedone durante le ore notturne. Loro, i profughi, camminano sui bordi della strada, in gruppo e spalle alle auto. E i guidatori che se li ritrovano all’improvviso davanti, nell’oscurità, rischiano di investirli. Un problema che ovviamente riguarda, tutti i pedoni che affrontano strade periferiche. Ma che ora salta ancora più agli occhi davanti a quelle piccole comitiveche si muovono nel buio. (p.f.)

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