La Nuova Sardegna

Sassari

In reparto un tranquillo weekend di paura

di Andrea Massidda
In reparto un tranquillo weekend di paura

Il protocollo di sicurezza, lo psicologo in sala e la preoccupazione dei familiari degli ammalati

01 novembre 2015
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SASSARI. Infermieri in corsia bardati come se fossero dentro una sala operatoria, ingressi nel reparto filtrati come se si dovesse entrare in chissà quale luogo super protetto, pazienti spostati da una stanza all’altra, dimissioni sospese. Quando mancano dieci minuti all’ora delle visite, nella sala d’attesa dell’unità di Lungodegenza dell’ospedale civile regna un silenzio surreale. I familiari dei pazienti percepiscono che qualcosa non va, ma non hanno nessuna certezza di che cosa stia accadendo, tantomeno hanno intenzione di fare domande scomode con il rischio di apparire ridicoli. E allora con un occhio controllano il via vai vagamente sospetto del personale sanitario, con l’altro si guardano tra loro nella speranza di trovare qualcuno che si faccia portavoce della perplessità generale. L’atmosfera, per intendersi, è piuttosto simile a quella che si vive negli aerei quando durante una forte turbolenza hostess o steward si lanciano sguardi complici, con i passeggeri attenti a interpretare ogni loro minimo gesto inconsueto per capire se tutto è normale.

Del resto - è il quesito che si pongono un po’ tutti i parenti delle persone ricoverate -, perché improvvisamente gli infermieri indossano guanti, mascherine, calzari e addirittura il sovracamice? Perché è stato preannunciato che nelle stanze (e non in tutte) potrà entrare soltanto un familiare per volta? E perché sembrano tutti nervosi? Interrogativi legittimi che esplodono quando una signora che è lì per far visita all’anziana madre fa una sorta di outing lasciando tutti a bocca aperta: «Mia mamma è stata messa in isolamento - rivela -, e a quanto sembra non è l’unica. So che c’è un’infezione, ma non ho capito di cosa. Magari potrebbe essere un caso di Salmonella».

Parole che fanno scattare l’ allarme rosso tra tutti gli altri parenti in attesa. Nel frattempo all’interno del reparto è già scattato il protocollo di sicurezza e i due addetti alla pozione organizzativa dell’unità ospedaliera dicono di aver messo in atto con estremo scrupolo la procedura. Che prevede, ad esempio, l’isolamento dei pazienti colpiti dal batterio Klebsiella pneumoniae, ma anche l’obbligo per chiunque entri o esca da una stanza di proteggersi con abbigliamento e accessori da ogni possibile contagio. In sala c’è anche una psicologa della Asl, Giovanna Sau. Ha il compito di comunicare ai pazienti che cosa sta accadendo e di evitare psicosi. «Abbiamo paura di ciò che non conosciamo - spiega - quindi informare correttamente è importante. Poi qui ci sono anziani e facilmente suggestionabili».

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