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Slot e casinò nel "gioco" della politica

DANIELA SCANO

Ogni anno i sassaresi giocano l'impressionante cifra di 75 milioni di euro, un giro d'affari gigantesco che vanifica le buone intenzioni e i provvedimenti ufficiali per contrastare la ludopatia

14 febbraio 2016
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A parole sono tutti d’accordo: la ludopatia è una emergenza sociale e la guerra al gioco d’azzardo deve essere un impegno imprescindibile delle istituzioni. La compulsività a buttare i soldi nelle macchinette è un cancro da estirpare prima che provochi altri disastri: bilanci familiari prosciugati, esistenze rovinate, rapporti di coppia disintegrati, suicidi per la vergogna e per la disperazione. La pensano così anche a Palazzo Ducale, soprattutto da quando hanno scoperto che ogni anno i sassaresi giocano d’azzardo l’impressionante cifra di 75 milioni di euro. Per contrastare il fenomeno l’assemblea civica ha approvato regolamenti, mozioni, ordini del giorno, sgravi (per ora solo virtuali) ai pochi locali pubblici “slot-machine free”. Ogni provvedimento è stato approvato all’unanimità. L’altra faccia della medaglia è rappresentata proprio da quei 75 milioni di euro. Già, perché il bilancio in rosso della ludopatia rappresenta le entrate di un gigantesco giro d’affari che fa gola.

Ora capita che tre figli di due esponenti del Partito Democratico, il consigliere comunale in carica Stefano Perrone e l’ex consigliere Pierluigi Salis, hanno deciso di aprire una mega sala di macchinette mangiasoldi a Serra Secca. Una sorta di Paese dei Balocchi dove accogliere tutti i Pinocchi pronti a giocarsi la vita convinti di poterne uscire «quando voglio». Tutto in regola, si sono precipitati ad affermare a Palazzo Ducale, dove il casinò di via Vardabasso oggi è causa di profondo imbarazzo per il partito che regge il timone della maggioranza consiliare.

La disapprovazione e lo sconcerto si sono riversati nei social network, che sono il moderno bar all’ora dell’aperitivo ma anche un luogo di confronto pubblico dove chi vuole ci mette la faccia. Lo ha fatto la consigliera di “Città Futura” Lalla Careddu che per questo sarebbe stata aggredita verbalmente da un nervosissimo Stefano Perrone, consigliere comunale ed ex assessore alle Manutenzioni, padre di due giovani titolari della cooperativa Winner 21 che gestirà la Las Vegas sassarese. Perrone avrebbe minacciato di querela la sua compagna di coalizione se non avesse eliminato dal suo profilo facebook la critica, peraltro espressa con garbo e senza fare nomi.

Secondo un Pd cittadino ritornato sull’orlo di una crisi di credibilità, le decisioni dei figli non devono ricadere sui padri. Il discorso si complica quando in gioco c’è la coerenza. Il caso politico sta crescendo insieme al fronte di chi è contrario alla mega sala giochi di via Vardabasso. Contrario non perché ce l’ha con la cooperativa che vuole realizzarla, ma perché vorrebbe che venissero rottamate tutte le 400 macchinette attive in città. Gli oppositori non capiscono come sia possibile che il Comune abbia autorizzato la realizzazione di un casinò a due passi da un ospedale, in violazione di un regolamento approvato dallo stesso Consiglio ma mai messo in pratica «perché _ spiega oggi il sindaco Nicola Sanna _ finché non c’è una legge regionale che ci supporti, il nostro regolamento è impugnabile». E quindi, per non farcelo impugnare, è meglio considerarlo carta straccia.

Questa è la storia di soldi, ondivaga coerenza politica e dell’italico “tengo famiglia” che sta agitando la politica cittadina. Forse è il caso di rimettere qualche tassello al posto giusto. Il consigliere comunale Stefano Perrone non è stato messo in imbarazzo da chi critica la realizzazione del casinò che farà business con la ludopatia, ma caso mai dai suoi figli che lo stanno realizzando. Messo in imbarazzo nel suo ruolo politico di consigliere comunale ed ex assessore del Partito democratico che ha approvato tutte le contromisure (per ora solo virtuali) alla ludopatia che le slot machine alimentano come la droga per il tossicodipendente. In questa sua doppia veste di esponente politico che vuole arginare il gioco d’azzardo e di padre che difende gli interessi dei suoi figli, il consigliere Perrone ha inevitabilment. e messo in imbarazzo la sua coalizione. Perché “legale” vuol dire solo “permesso dalla legge” _ il minimo sindacale in questa storia _ e non anche obbediente a principi etici, opportuno, ben fatto.

Chi sceglie di avere un ruolo istituzionale non può fare spallucce di fronte a plateali smentite con i fatti, da parte delle persone a lui più vicine, di ciò che è stato detto con le parole.

Risalendo la filiera degli imbarazzi si arriva al vertice. Il sindaco Nicola Sanna non può tagliare corto affermando, con un avverbio che scatena maliziose interpretazioni, «siamo di fronte a una iniziativa privata dove il nome di Stefano Perrone formalmente non figura da nessuna parte». «Io non vedo alcuna contraddizione in seno al Pd», conclude il primo cittadino.

La contraddizione invece c’è ed è grande come una casa. Anzi, come un casinò.

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