La Nuova Sardegna

Sassari

Dopo 138 anni di vita chiude i battenti la stazione di Giave

Maria Antonietta Uras
Maria Antonietta Uras

Tre giorni fa l’ingresso è stato sbarrato con un cancello Protesta del sindaco che chiede l’intervento della Regione

06 marzo 2016
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GIAVE. Cronaca di una morte annunciata. Anche per la stazione di Giave. Una decisione, quella di Rfi, annunciata da tempo e alla quale ha tentato inutilmente di opporsi il sindaco Maria Antonietta Uras. Che un paio di giorni fa, dopo la segnalazione di alcuni concittadini, si è recata alla stazione ma l’ha trovata con l’ingresso sbarrato da un cancello metallico, rigorosamente lucchettato.

Quasi un’onta, per la comunità di Giave, visto che quella piccola stazione è una delle più vecchie, quasi antica, della Sardegna con i suoi 138 anni di vita. Il primo nucleo venne infatti costruito nel 1878, stazione che si affacciava sulla vecchia Carlo Felice. Una delle più importanti della Sardegna settentrionale, anche per quella posizione strategica da “snodo intermodale” ante litteram.

Ma se una volta le Ferrovie dello Stato avevano un occhio di riguardo per le piccole realta, anche le più remote o isolate, Trenitalia e Rfi hanno altre finalità. A partire dai risparmi nella spesa pubblica. E così la stazione di Giave, con i suoi sette viaggiatori quotidiani (è la media degli ultimi anni, fra arrivi e partenze) rientra fra i rami secchi da tagliare. E poco importa se quella stazione è il punto di riferimento di un’intera regione come il Mejlogu. Furibondo il sindaco Maria Antonietta Uras. «A gennaio avevo scritto a Rfi invitando la società pubblica a non chiudere la stazione – racconta – ma mi venne risposto che queste decisioni non erano state prese da loro. E mi spiegavano che era stata la Regione a decidere quali stazioni chiudere e quali no». Al sindaco non restava, quindi, che rivolgersi alla Region Sardegna per salvare la stazione. «E l’ho fatto immediatamente – spiega Maria Antonietta Uras –: ho inviato una lettera, chiedendo un tavolo comune per esaminare il caso, al presidente della giunta regionale, al presidente del consiglio regionale, all’assessore ai Trasporti e a Rfi. Sto ancora aspettando la loro risposta».

Ma la battagliera sindaca non intende mollare la presa. «Sì, perché il problema non riguarda solo Giave – sottolinea – ma anche le tredici amministrazioni municipali dell’Unione dei Comuni del Mejlogu. Che stanno scrivendo una lettera di protesta alla Regione e con la quale chiedono la riapertura della stazione. Perché se è vero che i numeri sono quelli che sono – concorda Maria Antonietta Uras – è altrettanto vero che non si può accentuare l’isolamemento dei piccoli centri che già soffrono per la carenza di altri servizi. I trasporti pubblici sono un servizio pubblico essenziale e Regione e Rfi devono tener conto anche di questo se non si vuole concorrere allo spopolamento delle zone interne».

Tanto tuonò che piove’ (azzardo linguistico-televisivo di qualche anno fa) e alla fine quel cancello metallico ha spazzato via dalla mappa delle stazioni ferroviarie isolane quella di Giave. Paese che dallo scorso 3 marzo ha perso l’ennesimo servizio. E chi vuole viaggiare in treno, deve rassegnarsi a far tappa a Macomer o, nei casi più fortunati, a Bonorva. (p.s.)

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