Quel silenzio assordante sulla sanità
La lettera di 66 primari sassaresi: i medici denunciano una situazione disastrosa ma dai vertici della Regione non arriva risposta
A Cagliari non hanno il tempo di aprire la posta. Deve essere così, altrimenti è difficile credere che i massimi rappresentanti della Regione non abbiano sentito il dovere di rispondere subito e pubblicamente alla lettera di 66 primari sassaresi che descrivono una situazione disastrosa. La denuncia è di inaudita gravità: in tutti i reparti sassaresi scarseggiano i farmaci, i macchinari sono obsoleti, le carenze strutturali sono diventate voragini grandi quasi come i buchi negli organici del personale. Insomma, in ospedale manca anche l’indispensabile per garantire ai pazienti una diagnosi tempestiva e un’assistenza dignitosa. In queste condizioni, avvertono i primari, la vita dei pazienti è a rischio.
Con questo sfascio c’entra poco o niente la recente incorporazione del “Santissima Annunziata” nell’Aou. I problemi già c’erano e ora sono diventati drammatici. Per usare le parole di professionisti abituati a centellinarle, adesso i malati sono esposti «a rischi di vario genere , talvolta gravissimi, a causa della impossibilità di approvvigionarsi anche di farmaci salvavita». Seguono le firme. Non contano i nomi quanto i servizi che questi specialisti dirigono. Solo per citarne alcuni: anestesia e rianimazione, cardiologia, tutte le chirurgie, coagulazione e trombosi, lungodegenza, ipertensione arteriosa, neonatologia, oncologia, ostetricia e ginecologia, stroke unit, terapia intensiva cardiochirurgica.
La clamorosa presa di posizione dei camici bianchi sassaresi pone questioni di natura sanitaria e politica. La situazione negli ospedali, di cui la Regione è direttamente responsabile, è intollerabile. Se i medici hanno ragione, lo standard minimo di assistenza sanitaria nel Sassarese deve essere ripristinato immediatamente. Non c’è un’altra soluzione, non ci sono altre priorità e neppure alibi che tengano: siamo nel campo dei diritti imprescindibili e dei doveri inderogabili.
Poi c’è la politica. Sgomenta il silenzio dei destinatari della lettera: il presidente della giunta regionale Francesco Pigliaru, il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau, l’assessore regionale della Sanità Luigi Arru, il presidente della Commissione Sanità Raimondo Perra. Non era mai accaduto che tutti i primari denunciassero coralmente una situazione così catastrofica. La loro lettera avrebbe dovuto far saltare sulla sedia gli autorevoli destinatari. E può anche darsi che sia accaduto, ma colpisce il fatto che chi gestisce (anche) la mastodontica macchina della sanità non abbia sentito il dovere etico, prima che politico, di dare risposte chiare e pubbliche.
Cosa sarebbe successo se una cosa del genere fosse accaduta altrove? Quale terremoto politico avrebbe scatenato l’accorato grido di allarme di dirigenti medici che da mesi faticano «a garantire lo standard assistenziale faticosamente raggiunto in precedenza»? Cosa sarebbe accaduto, nel mondo normale, se tutti i primari avessero scritto al governatore della loro regione, all’assessore regionale della Sanità, al presidente della commissione Sanità per denunciare il rischio concreto di una tragedia provocata della scarsità di medicine, della cronica carenza di personale, di macchinari «in uno stato di quasi completa obsolescenza»?
Altrove, se non avessero sentito il dovere di farlo, i destinatari della lettera sarebbero stati chiamati a furor di popolo a dare chiarimenti. Invece qui non risponde nessuno.
Ma sulla salute e sulla pelle dei malati non si scherza. Lo sanno bene i sindaci che si stanno mobilitando per difendere gli ospedali. Lo sanno il sindaco Nicola Sanna che ha convocato un vertice a Palazzo Ducale, la deputata Pd Giovanna Sanna che ha invitato la giunta Pigliaru a «valutare con estrema attenzione le criticità», il consigliere regionale Roberto Desini che ha fatto un duro intervento in consiglio regionale. Cosa manca ancora? Forse la voce chiara e forte della società civile che non pretende (o si è stancata di pretenderle) risposte inequivoche dai propri amministratori. Forse per questo, nessuno dei destinatari della lettera dei 66 primari ha sentito il dovere di precipitarsi a Sassari per rendere conto del proprio operato. I politici si muovono solo quando hanno paura di perdere il consenso. Questo silenzio assordante e arrogante può voler dire che, nella geopolitica di chi ci governa, il nord ovest della Sardegna non conta o è residuale. Ma possiamo continuare a farci trattare così?