La Nuova Sardegna

Sassari

La Regione: «Le rette Rsa sono a carico dei Comuni»

di Luigi Soriga
La Regione: «Le rette Rsa sono a carico dei Comuni»

All’ospedale il caso di tre pazienti disagiati costretti al ricovero da oltre un mese Gli enti locali possono attingere dal Fondo unico per aiutare i malati più poveri

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SASSARI. Il “sequestro di paziente” che avviene in alcuni reparti del Santissima Annunziata è una vicenda inquietante. Tre anziani stabilizzati e in discrete condizioni di salute, non vengono dimessi perché non si possono permettere di coprire la retta di una residenza sanitaria assistita. Non hanno familiari che si fanno carico delle spese e lo stesso Comune di Sassari sostiene di non avere in bilancio fondi da destinare all’assistenza.

Quindi, per sopravvivere, non resta che una corsia e un letto di ospedale. I familiari si sono rivolti all’assessorato ai Servizi sociali e la risposta in sintesi è stata: finanziamo questi servizi nei limiti delle nostre disponibilità. Adesso non abbiamo più soldi, se c’è qualche dimissione o qualche posto che si libera, allora se ne potrà parlare. In pratica, in questa guerra tra poveri, si è arrivati al “morte tua, vita mia”, con il diritto alla salute che va a farsi benedire. L’amministrazione sponsorizza l’assistenza sino al paziente numero 60: dal 61 in poi dovranno raccomandarsi al Padre Eterno.

Il Comune di Sassari mette le mani avanti: «Spendiamo già oltre un milione di euro per garantire l’integrazione delle rette di 59 pazienti. I costi rispetto al 2015 sono incrementati di 250mila euro e i finanziamenti regionali invece hanno subito dei tagli – ha precisato l’assessore comunale ai Servizi sociali Monica Spanedda – ecco i motivi per i quali il Comune non riesce a far fronte a tutte le domande, che tra l’altro sono in crescita esponenziale».

La Regione però, da parte sua, non ci sta ad addossarsi le responsabilità. Dicono all’assessorato alla Sanità: «È vero che i fondi erogati dalla Regione quest’anno sono stati inferiori. Ma questo non vuol dire che i Comuni non possano mettere in campo delle risorse proprie. Non è una partita di giro per cui l’integrazione delle rette debba essere automaticamente e solamente coperta attraverso i soldi dati dalla Regione. Ogni Comune ha un proprio Bilancio e può attingere da diverse voci, se la volontà è quella di venire incontro ai pazienti economicamente più disagiati. Volendo c’è anche il Fondo unico dal quale prelevare. Ma queste sono scelte che competono agli enti locali e sono determinate dalla loro scala di priorità».

In ogni modo, proprio considerando la situazione di emergenza, la Regione ha fatto sapere di voler rivedere le quote di finanziamento e di essere intenzionata ad aumentare gli emolumenti.

La questione delle rette dei pazienti disagiati è molto spinosa. Accade talvolta che le case di cura spingano i parenti a stipulare una sorta di contratto col quale si impegnano a coprire le spese dell’anziano non autosufficiente. O addirittura taluni Comuni sono arrivati a rivalersi sull’abitazione del paziente, facendola intestare in cambio del pagamento delle rette rsa. In verità tutto è regolamentato dall'articolo 25 della legge 328/2000, col quale si dà attuazione alla normativa ISEE che garantisce l'assistenza gratuita per i soggetti più deboli in caso di ricovero in case di riposo, o Rsa (Residenze sanitarie assistenziali). La legge dice che le rette di ricovero sono a carico per il 50% del Sistema Sanitario nazionale, e per il restante 50% a carico dei Comuni, con l'eventuale compartecipazione dell'utente, a seconda del suo reddito fiscalmente imponibile. La legge, a dirla tutta, non tira in ballo i familiari.

La soluzione più logica sarebbe quella di rafforzare i servizi del territorio, e offrire alternative a medici e pazienti. Solo così si evitano degenze prolungate e improprie e spese di ricovero da 1000 euro al giorno.

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