La Nuova Sardegna

Sassari

«Le ossa? Era un uomo agiato e potente»

di Gianni Bazzoni
«Le ossa? Era un uomo agiato e potente»

Presentati i risultati delle indagini dell’Ateneo: probabilmente forestiero, alto, mancino, morto a un’età tra i 40 e i 50 anni

18 maggio 2016
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SASSARI. «Un metro e 72 centimetri, ben oltre la media del periodo, età tra i 40 e i 50 anni, forse un forestiero, vigoroso, senza patologie e traumi collegati a lavori pesanti o all’uso delle armi. Con tutta probabilità di condizione sociale elevata e in posizione di preminenza, perché oggetto di venerazione o per ricchezza e cultura, per carica o funzione. Vissuto nel basso Medioevo, tra la seconda metà del XIV secolo e il 1410, alla vigilia del trasferimento della sede vescovile da Torres a Sassari (avvenuto nel 1448)». Con un dato: non si tratta dei resti del giudice Comita di Torres, anche se non è escluso che - più avanti - si possa effettuare una comparazione con le reliquie conservate nella cripta della Basilica.

La professoressa Eugenia Tognotti, coordinatrice del Centro studi antropologici - Csaps - dell’Università di Sassari (costituito il primo agosto di due anni fa) ha sintetizzato così i risultati emersi dopo dodici mesi di studi e ricerche sulle ossa trovate nell’urna sistemata su una delle colonne della basilica di San Gavino a Porto Torres. «Entro un altro anno – ha sottolineato il professor Andrea Montella, direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Sassari – con un po’ di fortuna contiamo di completare lo studio». Forse sarà impossibile dare nome e cognome a quei resti attorno ai quali resta il giallo storico e l’impegno della scienza potrebbe non essere sufficiente per svelare il mistero, ma quanto è stato scoperto sinora è indubbiamente importante. Anche perché conferma che la Basilica turritana è un giacimento di ricchezze solo in parte note e ogni volta basta un niente per aprire nuovi capitoli. Come in questo caso.

Proprio nel tempio costruito sul colle di Monte Agellu nell’XI secolo, si è svolta lunedì sera la conferenza di presentazione dello studio dell’Università. Dopo l’introduzione di don Mario Tanca, parroco di San Gavino - a lui si deve la segnalazione che poi ha portato a prelevare quanto contenuto nell’urna in pietra - è stato il professor Montella ad avviare l’illustrazione della scoperta.

«Per noi è un privilegio essere qui – ha detto – anche nel giorno della festa dei Martiri, così come è un privilegio essere stati chiamati a studiare quelle ossa. L’ambizione è quella di aprire nuovi scenari e in questa direzione ci siamo mossi con un lavoro del team che dopo circa un anno ha prodotto risultati certi».

Monsignor Giancarlo Zichi, responsabile dell’Ufficio Beni culturali della Diocesi di Sassari ha ricostruito il periodo storico attraverso le fonti: la Passio, l’Inventio e il Condaghe di San Gavino. La decapitazione di Gavino Proto e Gianuario a Balai, avvenuta durante la persecuzione di Diocleziano. E poi Turris che nella Passio viene chiamata metropolis, «e faccio una parentesi attuale – ha detto Zichi – per dire che Porto Torres lo era già, mentre oggi il titolo di metropoli lo ha solo Cagliari , neppure Sassari».

Il professor Pasquale Bandiera, responsabile delle indagini condotte sui resti scheletrici (uno studio antropologico al quale ha collaborato anche Maria Rita Serra), ha ricordato che dal 2003 il Dipartimento di Scienze Biomediche presta la propria opera per studi che riguardano la storia dei Martiri Turritani e la Basilica di San Gavino.

«Dei resti dell’urna, abbiamo cominciato ad occuparsi un anno fa. Una lettera alla Nuova Sardegna del lettore Gian Carlo Pinna (studioso e conoscitore delle vicende dei Martiri e della Basilica, ndc) aveva riportato d’attualità l’argomento. Dentro l’urna c’erano in effetti ossa visibili, ma anche fili elettrici, pezzi di legno e molta terra. Niente iscrizioni, lastre, monete o documenti di tipo cartaceo».

Così è cominciata l’indagine sui misteri del passato. «Il primo passo è stato quello di “leggere le ossa” – ha detto il professor Bandiera – : solo 57 su 206 quelle presenti».

Una particolarità curiosa è emersa durante la ricerca: quell’uomo, al quale è stata riservata da morto la collocazione su una delle colonne della Basilica, era un mancino».

Per il resto, bisognerà studiare ancora, per valutare per esempio la zona geografica di provenienza (capire per esempio se era un sardo o se proveniva dal nord Italia).

Una ricerca interdisciplinare avvincente quella che ha coinvolto gli studiosi del Centro per gli studi antropoligici, paleopatologici e storici dei popoli della Sardegna e del Mediterraneo. E la sfida resta quella di risolvere il dilemma dell’identità del personaggio misterioso attorno al quale sono già state costruite diverse leggende.

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