La Nuova Sardegna

Sassari

In tremila per l’addio a Gavino Piana

di Salvatore Santoni
In tremila per l’addio a Gavino Piana

Palloncini bianchi, 50 motociclisti e ragazzi in mountain bike ai funerali del 25enne morto nell’incidente di sabato scorso

03 giugno 2016
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SENNORI. Come un'onda lunga hanno attraversato il labirinto silenzioso del centro storico disegnando spirali fino ad arrivare alla parrocchia di San Basilio, dove lo spazio prima comprime la disperazione e poi la libera nel piccolo sagrato della chiesa. Capita quando uno schianto in auto cancella una vita e ne tiene altre due in bilico. Eccolo, il cuore di Sennori, immerso nella disperazione riflessa su migliaia di volti. Ci sono oltre tremila anime per dare l'addio a una sola, quella di Gavino Piana. Tante gente: amici, semplici conoscenti e perfetti sconosciuti. L'uscita della bara dalla chiesa è stata salutata facendo liberare decine di palloncini in cielo e con applausi scroscianti.

Al secondo banco della chiesa c'è la famiglia del 25enne di Sennori morto sabato scorso sull'asfalto della litoranea di Sorso. A due passi c'è la bara bianca, circondata dai fiori bianchi. Mamma Rita e papà Mario immobili, in silenzio. Stanno assorbendo il colpo come un vecchio faro battuto dalla tempesta e con l'occhio ormai spento. A un palmo c'è Giovanni, il fratello minore di Gavino, che le mani se le batte sul viso e non riesce a darsi pace nemmeno quando nonna Giovanna Francesca cerca di confortarlo. A fianco Federica, la fidanzata di Gavino. Ha gli occhi gonfi di lacrime, i ricci castani e un giubbino verde, come la speranza dell'esserino che tiene nel grembo materno e che in autunno nascerà senza conoscere mai il padre.

Don Davide, il parroco di Cargeghe, invece conosce bene Gavino e la sua famiglia. Anche lui è arrivato a Sennori per dargli l'ultimo saluto. Quando il sacerdote parla della rabbia, che serpeggia tra i giovani contro chi ha causato l'incidente, fa vibrare l'aria. Parla di misericordia e del perdono che la stessa famiglia ha accordato al giovane di Sorso che guidava l'auto che è piombata nella vita di Gavino Piana.

Il film dell'incidente scorre già davanti agli occhi. Dopo un lungo rettilineo, al secondo chilometro la litoranea di Sorso si adagia sul fiume Silis. Prima una curva lunga, poi la seconda più corta. In questo punto c'è stato lo scontro con la Fiat Bravo di Paolo Pintus, con la sua inerzia e il suo carico di droga e alcol nel sangue. In questo punto la Lancia Y di Gavino Piana è diventata una palla di lamiere attorno al suo corpo.

I familiari, gli amici di sempre, gente qualunque: sono arrivati tutti a salutare il ragazzo gentile dagli occhi blu. Il corteo funebre è giunto alle porte del paese accompagnato dal rombo di cinquanta motociclette del gruppo Scarenati. Poi sono arrivati un centinaio di ciclisti della mountain bike di Sennori e attraverso le viscere del paese si percepiva soltanto lo scricchiolino dei tacchetti sui pedali.

Un attimo prima di uscire dalla chiesa, ci prova Cristian a dare l'addio al suo amico che non rivedrà più. Il gigante con la faccia squadrata e dal cuore tenero si è avvicinato alla bara, ha preso il microfono tra le mani ma tremava tutto: «Grazie amico mio per quello che mi hai insegnato». A ogni sillaba gli si spezza il fiato, a ognuno che ascolta cade almeno una lacrima.

E poi ecco il messaggio d'amore di Federica. Le sue parole sono un viaggio indietro nel tempo e una speranza per il futuro. Le ha messe nero su bianco ma non ha avuto la forza di leggerle. Le ha affidate nella voce sicura di don Davide: «Se solo ti avessi trattenuto un po' di più quella sera, tutto questo non sarebbe successo. Ci stavamo creando un futuro insieme, sapevamo che era in salita ma ce l'avremmo fatta. Mi scioglievo nei tuoi occhi azzurri. E ora il nostro bambino sta per arrivare, e avresti dovuto insegnargli a usare il computer come sapevi fare tu. Ora non ci sei più ma al momento giusto ci rincontreremo. Ti amerò per sempre». Lei si stringe al bimbo che ha nel grembo materno, è un maschietto. Si chiamerà Gavino Piana.

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