La Nuova Sardegna

Sassari

Gomitata all’avversario alla Pietraia di Alghero, assolto calciatore del Siligo

di Nadia Cossu
Gomitata all’avversario alla Pietraia di Alghero, assolto calciatore del Siligo

L’incidente nel 2011 durante la partita di Seconda categoria. Dopo un contrasto un giocatore rimase ferito, l’altro finì a processo per lesioni

05 giugno 2016
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SASSARI. Per il giudice Silvia Guareschi le prove non erano sufficienti per emettere una sentenza di condanna. La colpevolezza dell’imputato non era stata cioè dimostrata «al di là di ogni ragionevole dubbio». Si è concluso con un’assoluzione il processo a carico di Giovanni Mari, giocatore del Siligo all’epoca dei fatti (gennaio 2011) a giudizio per lesioni personali.

L’incidente era accaduto durante la partita di calcio del campionato di seconda categoria Pietraia-Siligo. Due giocatori avversari erano sulla trequarti difensiva e dopo un lancio lungo, i due avevano fatto un salto per tentare di colpire di testa il pallone. C’era stato un contrasto, la palla era stata allontanata e «ad azione ferma Mari mi dà una gomitata fortissima sul viso», racconterà in aula Gianni Carboni (assistito dall’avvocato Stefano Carboni), calciatore della Pietraia. «Siamo “atterrati”, io ero dietro Mari, la palla era lontana e lui mi ha dato una gomitata in faccia, senza motivo». Ma in aula alcuni testi citati da Luciano Pinna, legale difensore di Mari, avevano raccontato una versione differente: «Il colpo c’è stato durante l’elevazione, come Mari ha allargato le braccia per darsi la spinta – aveva detto uno di loro – e subito dopo lui stesso ha chiesto se poteva fare qualcosa, accompagnarlo in ospedale».

Come risulta dalla cronaca della partita di quella domenica pubblicata all’epoca sul nostro giornale, Carboni fu costretto a lasciare il campo dopo quel brutto colpo e il giudice sportivo squalificò Mari per due giornate. Lui si è sempre difeso sostenendo che la gomitata fosse stata un gesto del tutto involontario e che non avrebbe voluto fare del male al suo avversario. Un altro giocatore, presente quel giorno in campo e sentito come teste, aveva sostenuto al contrario che «non essendo in atto un’azione di contrasto, quella gomitata fu data con intenzione». «Un’azione di quelle che ogni domenica si vedono negli stadi – avevano invece spiegato gli ultimi testi della difesa – Purtroppo quella volta le conseguenze furono gravi ma non perché ci fu la volontà del giocatore di fare del male».

Tesi sostenuta anche dal legale difensore. In aula c’era stato anche un confronto tra imputato e parte offesa. Lo aveva chiesto il giudice proprio per via della “contradditorietà” delle testimonianze. In modo civile i due erano rimasti fermi ognuno nella propria posizione. Mari: «Non l’ho fatto apposta, ho allargato le braccia per prepararmi a colpire di testa». Carboni: «Mi ha fratturato il naso». Era stato citato come teste anche l’arbitro che durante quell’incontro estrasse il cartellino rosso (che necessariamente ha avuto come conseguenza le due giornate di squalifica). Il direttore di gara ha confermato che si era trattato di «uno scontro di gioco nel momento della contesa aerea della palla, quindi non classificabile come volontario».

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