La Nuova Sardegna

Sassari

L’intonaco perde i pezzi e svela un affresco del ’600

L’intonaco perde i pezzi e svela un affresco del ’600

Scoperta dietro l’altare dell’Addolorata nella chiesa di Sant’Antonio Abate Una caduta di calcinacci ha rivelato la presenza di un dipinto di grandi dimensioni

24 giugno 2016
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SASSARI. Un prezioso affresco di probabile origine seicentesca è stato scoperto nei giorni scorsi nella cappella dell’Addolorata all’interno della chiesa di Sant’Antonio Abate. Le notizie sono ancora scarse e frammentarie, ma pare che una banale caduta di calcinacci abbia rivelato la presenza di un dipinto di notevoli proporzioni sulla parete dietro l’altare.

Del dipinto si sa poco, stando alle prime indiscrezioni, l’opera sembra raffigurare motivi a sfondo religioso, ma è chiaro che per saperne di più si dovrà aspettare il sopralluogo della Soprintendenza. Di certo si sa, invece, che la cappella è la parte più antica dell’edificio sacro terminato nel 1709. E’ probabile, quindi, che l’affresco possa risalire a un periodo antecedente, addirittura al Seicento, forse anche oltre. Rimanendo sul terreno delle ipotesi, è ragionevole supporre che la cappella sia totalmente affrescata e se così fosse, la scoperta avrebbe un valore storico e artistico davvero straordinario.

Mario Dau, priore dell’arciconfraternita dei Servi di Maria, proprietaria della cappella, non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione anche perché sono ancora in corso i lavori di restauro dell’antico altare ligneo dedicato alla Madonna addolorata. La straordinaria scoperta dell’affresco, segue di poco quella già rivelata dalla Nuova, fatta nelle scorse settimane durante il recupero dell’antico manufatto su cui sta lavorando da qualche mese il restauratore Sergio Gnozzi. All’inizio dell’intervento, infatti, rimossa la patina superficiale di vernice, l’artigiano aveva scoperto, con sorpresa, che il legno era rivestito da una finissima lamina d’argento. In alcuni punti il metallo era stato perfino sottoposto a una doratura ottenuta con la meccatura, tecnica usata dagli ebanisti del Seicento per impreziosire gli altari. La mecca è una sostanza che a contatto con l’argento prende una colorazione simile all’oro. Un dettaglio importante, che accresce il valore storico dell’antica cappella, collocata in fondo a destra prima dell’altare maggiore. L’opera di restauro andrà avanti ancora per qualche mese prima della consegna.

L’intervento, sotto la direzione scientifica di Laura Donati, della Soprintendenza alle Belle arti, è stato avviato grazie a un contributo di diecimila euro concesso dalla Fondazione di Sardegna dopo la presentazione di un progetto. L’auspicio è che in seguito a questa straordinaria scoperta, l’intervento possa avere ulteriori finanziamenti per il recupero totale della struttura. L’altare e la relativa cappella hanno una storia importante: la chiesa di Sant’Antonio abate, edificata in stile Barocco di derivazione continentale, intitolata, a partire dal XVI secolo, ai Servi di Maria, è stata terminata nel 1709.

La cappella dell’Arciconfraternita, però, è parte del nucleo originario di un preesistente edificio sacro, cinque-seicentesco, poi rimaneggiato per la costruzione di quello attuale che sorge in piazza Sant’Antonio, nel punto in cui, in antico, si apriva la porta medievale di San Biagio. Dal 1727, nella cappella dell’Addolorata, la settimana che precede il venerdì santo si celebra ancora il settenario, in quell’occasione, i Servi di Maria espongono al pubblico il simulacro della Vergine trafitta da sette spade, che viene portato in processione venerdì santo. (a.m.)

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