La Nuova Sardegna

Sassari

«La coop di Sassari, i lavoratori di Buddusò»

«La coop di Sassari, i lavoratori di Buddusò»

Il sindaco Giovanni Antonio Satta replica all’opposizione sulla esternalizzazione dei servizi comunali

30 luglio 2016
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«Non corrisponde certamente a verità che tutti i servizi comunali siano stati affidati alla stessa cooperativa e soprattutto è palesemente falso che le persone assunte dalla società affidataria non siano lavoratori locali». Con queste parole il sindaco di Buddusò Giovanni Antonio Satta respinge le accuse della minoranza Rinascita Buddusò che due giorni fa aveva accusato la sua amministrazione di ignorare le esigenze dei disoccupati locali preferendo avvisare i lavori a una ditta esterna, una cooperativa di tipo B. La scelta è dettata da disposizioni normative, dice Satta, che rimarca come la sua amministrazione abbia sempre agito «finalizzando l’attività politica unicamente al raggiungimento degli obbiettivi programmati, in modo trasparente, vigilando e garantendo scrupolosamente il rispetto delle norme che regolano la materia» e ricorda che il legislatore nazionale ha stabilito che i Comuni debbano «rispettare stringenti tetti di spesa che rendono praticamente impossibile assumere in forma diretta il personale da impiegare nei cantieri».

Le accuse dell’opposizione sono ingiuste perché, anche se la cooperativa ha sede a Sassari, «tutti i lavoratori impiegati nei servizi sono di Buddusò, regolarmente iscritti nelle liste di collocamento, e soprattutto in possesso dei requisiti professionali necessari per lo svolgimento di determinati lavori, come ad esempio i servizi cimiteriali, che possono essere svolti da personale in possesso della qualifica di necroforo. A nulla valgono le condizioni reddituali».

Senza contare che il Comune non avrebbe in ogni caso voce in capitolo, perché «i criteri di assunzione del personale sono di esclusiva competenza delle società affidatarie». Inoltre, per quanto riguarda il personale per la sorveglianza dell’attività dell’estrazione sughericola, non si potevano fare selezioni in base al reddito poiché «nell’avviso non era indicata alcuna finalità sociale».

Tutto regolare, quindi, per il primo cittadino, che invita la minoranza ad approfondire il tema «nelle sedi opportune», ovvero in seno al consiglio, dove saranno fornite «nel dettaglio tutte le informazioni richieste per dimostrare la limpidezza e la legittimità dell’attività svolta dall’amministrazione». (b.m.)

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