Turismo in Sardegna, scatta la rivolta contro gli abusivi
La denuncia di Paolo Manca, presidente di Federalberghi: servono regole chiare per tutti. Sharing economy e illegalità: nel web migliaia di offerte che celano sommerso e lavoro nero
SASSARI. Scendono dall’aereo o dalla nave e si trasformano in fantasmi. Nessuno sa dove dormono, quanto spendono, in quale misura contribuiscono ad alimentare l’industria turistica. Sono 6 o 7 milioni i viaggiatori che ogni anno – dati Crenos – scelgono l’isola per trascorrere le loro vacanze. Ma di una buona fetta di loro si perdono le tracce appena mettono piede nell’isola. È la faccia scura del turismo, quel sommerso che si nasconde dietro l’affascinante mondo della sharing economy: perché se la condivisione di luoghi, esperienze e consumi fa bene allo spirito e alle finanze, spesso alimenta l’illegalità. «E a pagarne le conseguenze è chi segue le regole, paga le tasse e rispetta i contratti di lavoro – dice Paolo Manca, presidente regionale di Federalberghi – ma più in generale l’intero comparto che rischia di essere penalizzato da un servizio carente e non omogeneo». Manca in una lettera aperta sollecita controlli per stanare i furbetti, quelli che se ne infischiano della legge. Il numero è in crescita, dice Manca, «basta fare qualche verifica sul web per rendersene conto. Il primo dato che balza agli occhi è questo: il numero di alloggi messi a disposizione attraverso portali e motori di ricerca è di gran lunga superiore a quelli autorizzati dalla Regione, cioè offerti dalle strutture, alberghiere e non, che operano nel rispetto delle regole».
I furbi e la rete. Paolo Manca ha indossato i panni di un viaggiatore che vuole venire in Sardegna e cerca nel web un’offerta conveniente, a misura delle sue tasche. Il risultato è questo: «Simulando una prenotazione sui più famosi portali di affitti di case e bed and breakfast un fine settimana dall’8 al 10 agosto, vengono fuori migliaia di appartamenti disponibili, con una serie di dettagli che farebbero gola a qualsiasi controllore del fisco e dell’ordine pubblico», spiega Manca. Che aggiunge: «Censirli tutti non è semplice, ma la situazione è monitorabile». Qualche esempio: «Nel caso degli appartamenti, il 99 per cento è disponibile anche per soggiorni molto brevi. Ma una parte importante degli host, cioè di chi ospita, offre più di due appartamenti». La domanda è: dove va a finire la condivisione, cioè lo spirito della sharing economy, se il padrone di casa sta da un’altra parte? «Abbiamo rilevato alcuni casi interessanti – aggiunge il presidente di Federalberghi – per esempio il signor A. offre 12 appartamenti, mentre la signora C. gestisce tre appartamenti, uno in Sardegna, uno a Milano e uno a Londra».
Ospitalità o business? Tirare le somme non è difficile: «Dietro il paravento della rete si nascondono vere e proprie attività imprenditoriali non certificate. Generale è ingiusto, ma è corretto dire che siamo di fronte a un gioco in cui le strutture che rispettano la legge seguono regole diverse. Siamo certi che tutti gli host facciano regolari contratti di locazione? Che paghino le imposte comunali e che comunichino alla questura il numero degli alloggiati entro le 24 ore?». I dubbi sollevati da Paolo Manca sono alimentati dagli stessi clienti delle strutture, che nelle recensioni raccontano la loro esperienza ed esprimono un voto sul tipo di servizio e accoglienza. «Si scopre così che spesso il cliente non vede neanche la faccia del padrone di casa quando si presenta a prendere possesso dell’appartamento, ma le chiavi vengono lasciate alla cugina, ai genitori o addirittura nel bar o nel negozio vicino nei casi più assurdi».
B&B senza regole. C’è poi il caso dei bed & breakfast. «Le norme sono chiare: se non si tratta di una attività imprenditoriale sono consentite massimo tre camere e sei posti letto. E soprattutto il proprietario deve essere residente e vivere nell’abitazione nella quale affitta le stanze. Spesso non è così: tanti propongono appartamenti spacciandoli per b&b. Questo non è giusto».
L’appello. «Non siamo contrari ad alcun tipo di attività – sottolinea Paolo Manca – anzi ben venga un ampio ventaglio di offerte, dagli alberghi ai b&b agli affittacamere. Ma tutti i prodotti devono essere qualificati. Per questo chiediamo che si applichi il principio “stesso mercato stesse regole”. Vogliamo giocare, ma tutti al tavolo devono scoprire le carte».
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