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Sassari

sant’antonio abate

Restaurato il portone della chiesa “firmato” da Clemente

Restaurato il portone della chiesa “firmato” da Clemente

SASSARI. È stato restaurato con il contributo del Comune di Sassari il portale in legno della chiesa di Sant’Antonio abate. I lavori, iniziati ai primi di luglio, sono stati completati alcuni giorni...

17 agosto 2016
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SASSARI. È stato restaurato con il contributo del Comune di Sassari il portale in legno della chiesa di Sant’Antonio abate. I lavori, iniziati ai primi di luglio, sono stati completati alcuni giorni prima della Discesa dei Candelieri per dare a fedeli e turisti la possibilità di ammirarlo.

Il portale, realizzato oltre cento anni fa dalle abili mani dei fratelli Clemente, storici falegnami cittadini, non subiva un restauro da almeno cinquanta anni e presentava fessure e spaccature, dall’alto verso il basso, che ne minavano ormai la sua bellezza. Il portone è costruito in legno di castagno, è alto quattro metri e largo circa tre metri.

A segnalare la necessità di un intervento è stato il priore dell’arciconfraternita dei Servi di Maria, Mario Dau. Sono state necessarie quindi quattro tipi di azioni, realizzate grazie a un progetto di restauro fatto dalla ditta “Il Cortonese” di Sassari, approvato dalla Soprintendenza quindi seguito dalla responsabile Laura Donati e dal capo restauratore Pietro Usai.

Il Comune di Sassari, con l'assessorato ai Lavori pubblici, ha quindi risposto alla richiesta di “aiuto” e ha messo a disposizione dell’arciconfraternita un contributo di circa seimila euro per la realizzazione del restauro conservativo.

«Abbiamo dovuto prima ripulirlo dalla sporcizia che si era accumulata in questi cinquant’anni – spiega il restauratore Sergio Gnozzi – quindi abbiamo iniziato a chiudere le spaccature che si presentavano nella parte esterna».

Davanti al portone di ingresso è stato posizionato un telo bianco per consentire ai restauratori di lavorare e proteggere il portone dal sole. Le grandi porte, infatti, non sono state spostate e si è dovuto lavorare in loco. «Questa è stata la parte più difficile – prosegue Sergio Gnozzi – e abbiamo dovuto lavorare in verticale. Le fessure sono state stuccate, quindi abbiamo dato un’altra ripulita e nutrito il legno con due mani di olio paglierino. Successivamente, è stato necessario stendere un impregnante, per dare una maggiore protezione al legno».

Per il restauratore, a conclusione dei lavori, è stata una bella soddisfazione e orgoglio aver ridato vitalità a una vera e propria “opera d'arte”.

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