La Nuova Sardegna

Sassari

L’isola riabbraccia la Brigata Sassari

di Luca Fiori
L’isola riabbraccia la Brigata Sassari

Martedì sera all’aeroporto di Alghero il rientro del primo contingente dall’operazione di peacekeeping durata sei mesi

19 ottobre 2016
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INVIATO AD ALGHERO. Un abbraccio atteso sei mesi. La missione del caporalmaggiore capo scelto Salvatore Pani, un ragazzone di Usini con gli occhi chiari e due spalle forti che reggono uno zainone più alto del suo bambino, è finita nell’istante in cui un nanerottolo di quattro anni con gli occhi chiari come i suoi gli è corso incontro con le braccia spalancate.

Quando le porte degli “Arrivi” dell’aeroporto di Alghero, ieri sera poco prima delle 18.30 finalmente si sono spalancate, nessuno è riuscito a fermare la corsa di quell’ometto che è corso a prendersi un abbraccio atteso per troppo tempo. In una manina un palloncino a forma di cuore, nell’altra la bandierina italiana e una letterina per il suo papà. All’abbraccio più tenero che ci sia si è unita qualche secondo dopo la moglie del militare, uno dei cento soldati della Brigata Sassari che ieri sera hanno fatto rientro nell’isola dopo la missione in Libano durata sei mesi.

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«È dura resistere tanto tempo lontani dalla famiglia - ammette il caporalmaggiore capo scelto Pani - soprattutto quando ad attenerti ci sono dei bambini così piccoli, ma è il nostro lavoro e lo facciamo con orgoglio». Il primo a scendere dalla scaletta del volo Meridiana partito da Beirut, è stato il generale Arturo Nitti, comandante della Brigata Sassari che in questi sei mesi ha guidato la missione Unifil (United nations interim force in Lebanon), la prima in Libano per i “Dimonios”. Un impegno di estrema delicatezza con la Forza multinazionale di interposizione delle Nazioni Unite, posizionata nel Libano del Sud, che ha avuto il compito di garantire stabilità e sicurezza in quella parte infuocata del Medio Oriente. Due giorni fa la Brigata Sassari ha lasciato il posto alla Brigata di cavalleria “Pozzuolo del Friuli” al comando dell’operazione “Leonte”.

L’operato della “Sassari” è stato incentrato sul dialogo con le autorità civili e religiose locali, e volto al supporto della popolazione civile tramite la realizzazione di progetti di cooperazione civile-militare nei settori della sanità, dell’istruzione e dei lavori pubblici. Ulteriore impegno dei “Dimonios” è stato il mantenimento della stabilità dell’area, nonché l’incremento delle attività operative e addestrative, il tutto d’intesa con le forze armate libanesi, nell’ottica di una loro sempre maggiore e autonoma capacità d’intervento in tutta l’area di responsabilità, specialmente lungo la “Blue line”, la linea di demarcazione che separa il Libano da Israele.

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«Sono molto soddisfatto della nostra missione - spiega il generale Nitti - per la Brigata Sassari era la prima volta in Libano e seppure fossimo impegnati in uno scenario non estremamente rischioso come altri teatri operativi, il nostro impegno richiedeva comunque una concentrazione e una preparazione particolare, soprattutto per l’approccio con la popolazione locale. Ringrazio tutte le donne e tutti gli uomini della Brigata per l’impegno - ha concluso il generale - porteremo con noi un ottimo ricordo di questa missione svolta con in testa il basco blu delle Nazioni Unite».

In Libano al generale Arturo Nitti, comandante della “Sassari” aveva sotto il suo comando un contingente di 3.700 caschi blu di 12 nazionalità schierato nella regione ovest del “Paese dei cedri”. Di questo contingente facevano parte anche 1000 militari italiani, tra i quali 400 sassarini, che nei loro servizi in terra libanese hanno operato insieme ai peacekeepers di Armenia, Brunei, Corea del Sud, Estonia, Finlandia, Ghana, Irlanda, Malesia, Serbia, Slovenia e Tanzania. Il contingente italiano era costituito da personale specializzato del Comando Brigata e da militari del 151° di Cagliari, del 5° Genio guastatori di Macomer e da altre unità specialistiche dell’Esercito. Gli ultimi uomini arriveranno venerdì a Cagliari, dove ci sono già manine che scalpitano per abbracciare dei papà rimasti lontani per troppo tempo.

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