Orti urbani, la città vuole tornare al passato
In un convegno alla facoltà di Agraria si è parlato di recuperare un patrimonio culturale ed economico
SASSARI. Il tema mette tutti d’accordo, perché quello degli orti urbani più che un programma è un gradevole ritorno al passato. L’idea di realizzare colture orticole a ridosso della cinta urbana piace a tutti per una serie di buoni motivi non solo economici. Si tratta di recuperare un patrimonio culturale che ha avuto tanta parte nella storia di Sassari e che l’avvento dell’industria ha in qualche modo represso relegandolo ai margini della scena.
Il ragionamento dei relatori che si sono alternati al microfono, nell’aula magna del dipartimento di Agraria, parte proprio da queste valutazioni. Al riguardo c’è da dire subito che Sassari è tra i pochi Comuni italiani a essersi dotato di un progetto e un regolamento finalizzati alla creazione di orti urbani attorno alla città. Non è un caso la presenza del sindaco ai lavori del convegno, Nicola Sanna, infatti, è intervenuto nella doppia veste di amministratore e relatore per illustrare il progetto «che nel breve e medio periodo consentirà di bandire le gare per l’assegnazione di lotti, attorno a Sassari, da utilizzare con finalità agricole». Dalla Vallata del Rosello all’Eba giara, da via Baldedda a Li Punti l’amministrazione ha già individuato alcune aree che saranno messe a disposizione di associazioni o gruppi di cittadini che vogliano tornare alla coltivazione dell’orto. Si tratta di scommettere sul rilancio di un settore che, lo dicono gli esperti, presenta potenzialità inespresse e che potrebbe avere delle ricadute positive sull’economia di un territorio morente. Nelle realtà in cui progetti analoghi sono stati varati, a beneficiarne non è stata solo l’economia, ma anche le relazioni sociali e la razionalizzazione di terreni che altrimenti sarebbero stati esposti alla mercé dell’incuria e della speculazione edilizia. Su questo versante vanno segnalati anche i dati dell'esperienza di Campagna amica, la fortunata iniziativa promossa da Coldiretti, che ha consentito di aprire una rete di duecento orti che forniscono prodotti ai mercati urbani in tutta Italia. Un giro d'affari da un miliardo e mezzo di euro l'anno per dieci milioni visitatori. Ermanno Mazzetti, direttore di Coldiretti Sassari, ha anche rimarcato le vantaggiose agevolazioni riservate nei primi tre anni ai giovani che vogliano avviare imprese agricole. Non va poi sottovalutato l'aspetto pedagogico se è vero, come ha rimarcato Grazia Manca (Laore), che in Italia si contano cinque milioni di obesi «fenomeno che si registra soprattutto fra i giovani che cambiano abitudini alimentari abbandonando la dieta mediterranea e tutti i suoi benefici».
Di particolare interesse, per la valenza sociale, il progetto varato all’interno del carcere di Bancali che da più di due anni coinvolge venti detenuti impegnati nella coltivazione di alcuni terreni all'interno della struttura penitenziaria. «L’hanno chiamato “Orti-celle” - ha spiegato Mario Dossoni, garante per i diritti dei detenuti - e non è solo un programma di recupero, ma un percorso di crescita che stimola alla riflessone su ciò che sarà il dopo attraverso un lavoro che serve anche ad acquisire competenze utili in un futuro prossimo».
Sassari ritorna al passato, dunque, e recupera quell’immenso patrimonio che per secoli ha fatto la fortuna dell’economia di un città intimamente legata agli orti e alle produzioni agricole. Un carattere rimasto non solo nei toponimi e nei modi di dire tipici, ma anche nella gastronomia. «In un memoriale di fine Cinquecento - ha ricordato infatti Paolo Cau, direttore dell'Archivio storico del Comune - i consiglieri civici descrivevano Sassari come la città dell’acqua e del verde con mille fonti di acqua purissima e 60 molini per la macina del grano». Ai lavori del convegno, moderato dal giornalista Pasquale Porcu, hanno partecipato, fra gli altri, il preside del dipartimento di Agraria Antonio Pazzona e l'assessore comunale all'Ambiente Fabio Pinna.