La Nuova Sardegna

Sassari

Gli immigrati scelgono i loro rappresentanti

di Giovanni Bua
Gli immigrati scelgono i loro rappresentanti

Oggi l’elezione dei venti membri, da quattro continenti, della Consulta cittadina Esprimeranno pareri e indirizzi e parleranno per oltre 4000 residenti stranieri

27 novembre 2016
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SASSARI. I primi ad arrivare a metà degli anni ’70 sono i rampolli “bene” dei paesi mediorentali e della Grecia. Fuggiti da colonnelli, dittatori e ayatollah vari e sbarcati a Sassari prima per frequentare l’università, poi per sposarsi e costruirsi, discreti, un futuro. Poi l’ondata di senegalesi e marocchini negli anni ’80, a caccia di lavoro, che invadono le spiagge e diventano gli allora celebri vucumprà. Gli anni ’90 sono quelli dei cinesi, operosi e invisibili, che partendo dai banchetti nelle strade con sveglie e cannocchiali, in pochi anni aprono ristoranti, negozi, enormi capannoni. E con loro i “commercianti” di Pakistan e Bangladesh. Per arrivare al 2000, e le donne dell’Est, soprattutto romene, che monopolizzano il mercato delle badanti e dell’assistenza familiare.

I numeri. Non è fatta di grandi numeri l’immigrazione a Sassari, poco più di 4mila persone, 3 ogni cento abitanti. Ma è stratificata e integrata, a modo suo. E viene dal lontano, raccontando tanto della storia della città e del mondo.

Comunità ultra stanziali e tra loro coese, a volte quasi invisibili, spesso ghettizzate in luoghi colpevolmente dimenticati, nel centro storico, nella zona industriale, nella prima fascia dell’hinterland, raramente coinvolte, e quasi sempre da chi insieme a loro è costretto a condividere il degrado e l’abbandono, in pioneristiche ipotesi di integrazione.

La prima volta. Oggi andrà in scena la più avanzata di queste, e i 4000 accuditi cittadini potranno per la prima volta scegliere i loro rappresentanti per la nascente Consulta comunale dell’immigrazione.

Saranno venti, eletti da tutti gli stranieri (e apolidi) residenti nel comune, scelti tra 23 candidati, dieci donne, divisi nelle quattro liste, presentate a ottobre e validate dagli uffici del Comune. Dieci correranno per la lista per l’area Africa, cinque quelli presenti nella lista dell’area Asia e Medio Oriente, sei nella lista dell’area Europa orientale e due per l’area America.

La consulta. Formeranno un organo con potere consultivo, che nasce con l’ambizione di partecipare e contribuire alla formazione e alla realizzazione di programmi e obiettivi dell’amministrazione comunale. Tra i suoi compiti quello di promuove la partecipazione democratica e solidale, oltre che favorire e promuovere l’integrazione alla vita pubblica locale. Con la Consulta che in particolare esprimerà il suo parere, non vincolante ma per questo non meno importante, per tutti quegli atti che riguardano l’adozione di provvedimenti che agevolano l’inclusione e l’integrazione degli stranieri e degli apolidi, e che riguardano in generale la vita dei cittadini immigrati rispetto a luoghi di culto, di aggregazione sociale e culturale, attività economiche, istruzione, alloggi.

Il primo passo. Ma non basta. L’elezione della consulta è infatti il primo passo per arrivare a quello che è il vero obiettivo di integrazione che l’amministrazione comunale si è posta: la presenza nell’aula di Palazzo Ducale di un consigliere aggiunto straniero, senza diritto di voto ma con facoltà di partecipare al dibattito, nell’assemblea cittadina.

Un progetto che, al netto di volenterosi ordini del giorno e mozioni approvati in aula, sembrava per i 4000 immigrati cittadini poco più di un sogno. Ma che da quando le urne aperte per tutto il giorno in piazza Santa Caterina si chiuderanno diventerà solo il prossimo passo da compiere.

I salvati. Per far emergere la parte migliore di comunità sommerse e operose. Che con fatica e sacrifici enormi partecipano a tenere a galla la vita sociale, economica e culturale della città, dando spesso molto più di quello che ricevono. Comunità che della città, in cui a volte da decenni vivono, ben conoscono i problemi, di cui spesso sono le prima vittime. Che qui stanno facendo crescere i loro figli, ossigeno puro per il nostro sistema scuola, e per le menti e i cuori, questi sì davvero aperti e non semplicemente politicamente corretti, dei nostri bambini. Comunità che su come governare l’incerto futuro di questo angolo di mondo potranno ora, a ragione, dire la loro.

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